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Carni rosse e salumi, l’Oms ridimensiona l’allarme

A quanto pare ce n’era bisogno, anche se sarebbe bastato leggere la nota dell’Oms in attesa di vedere il rapporto completo. Ma si sa, ai giornali piacciono i titoloni e l’audience facile, soprattutto quando si tratta di attaccare certi comparti.

Dopo alcuni giorni durante i quali i titoli dei giornali proclamavano che i salumi e la carne rossa provocano il cancro (in seguito alla classificazione, da parte dell’Oms, delle carni lavorate come cancerogene per l’uomo – inserendole nella stessa categoria del tabacco e dell’amianto) la stessa Oms è corsa ai ripari, rilasciando una dichiarazione di chiarimento. Si precisa, in particolare, che l’ultimo rapporto Iarc, pubblicato su “Lancet oncology“, «non chiede alla gente di smettere di mangiare carni trasformate» ma indica «che la riduzione del consumo di questi prodotti può ridurre il rischio di cancro del colon-retto».

Si sottolinea inoltre come, se è vero che le carni lavorate sono state classificate come cancerogene per l’uomo nel gruppo 1 Iarc che comprende anche il tabacco e l’amianto, è pure vero che le sostanze di tale categoria non sono «tutte ugualmente pericolose». Le classificazioni Iarc, cioè, descrivono la forza dell’evidenza scientifica rispetto al fatto che un agente sia causa di cancro piuttosto che valutare il livello di rischio. In altre parole, insaccati e sigarette presentano rischi diversi, un aspetto che non era stato ben chiarito quando è stato rilasciato il rapporto.

Resta il fatto che, secondo le più recenti stime del “Global burden of disease project”, organizzazione indipendente di ricerca accademica, ogni anno in tutto il mondo circa 34mila decessi per cancro sono attribuibili a diete ricche in carni lavorate mentre il frequente consumo di carne rossa potrebbe essere responsabile di 50mila morti. Numeri decisamente inferiori ai decessi annui globali per cancro dovuti al fumo di tabacco (circa 1 milione), al consumo di alcol (600mila) o all’inquinamento atmosferico (oltre 200mila), come sottolinea sempre l’Oms.

Nel documento sono poi ripetute le stime presentate dallo Iarc nella sua relazione, secondo cui ogni porzione da 50 g di carne lavorata assunta ogni giorno aumenta il rischio di cancro del colon-retto di circa il 18%, analogamente all’assunzione quotidiana di 100 grammi di carne rossa. Non è stato peraltro sottolineato che queste cifre si riferiscono a rischi relativi.

Alcuni numeri assoluti, basati sui dati della popolazione britannica, sono invece forniti dal Cancer research UK (Cruk), nel suo “science blog”. Nel Regno Unito il cancro del colon-retto colpisce circa 61 persone ogni 1.000. Chi consuma quantità più basse di carni lavorate ha un minore rischio nell’arco della vita rispetto al resto della popolazione (circa 56 casi ogni 1.000 persone tra quante mangiano poca carne o non ne consumano affatto). Coloro che fanno molto consumo di carne lavorata avrebbero al contrario un aumentato rischio di cancro del colon-retto rispetto alla media della popolazione (circa 66 casi ogni 1.000 persone).

Fonte: Doctor News 33

Il Progetto “Carni Sostenibili” vuole individuare gli argomenti chiave, lo stato delle conoscenze e le più recenti tendenze e orientamenti tecnico scientifici, con l’intento di mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente.