Carne rossa, fondamentale per la guarigione
Il cibo è la tua medicina”. Una frase piena di verità, e lo sa bene chi lavora in ospedale e ha a che fare tutti i giorni con il recupero dei pazienti.
Secondo Arrigo Cicero, presidente della Società Italiana di Nutraceutica, la carne rossa è fondamentale per la guarigione in alcune condizioni cliniche. L’esperto, intervenuto al convegno “Carni rosse: economia, salute e società. Una riflessione”, organizzato dall’Accademia Nazionale di Agricoltura, ricorda che ci sono infatti alcune tipologie di soggetto che potrebbero avere effettivamente un vantaggio dal consumo di carne rossa per il mantenimento ed il recupero del proprio stato di salute.
Nella sua presentazione, “Assunzione ragionata e ragionevole di carne rossa, indicazioni cliniche”, Cicero illustra gli studi su quattro situazioni che si vedono costantemente negli ospedali. Queste sono l’anemia, cioè la carenza di ferro, la sarcopenia, che è la perdita patologica di massa muscolare, la cicatrizzazione delle ferite e il declino cognitivo degli anziani.
“Quattro problemi molto importanti in una società come la nostra, dove l’Italia è il Paese più longevo d’Europa e uno dei più longevi nel mondo”, commenta Cicero: “Peraltro, nelle nostre cliniche, c’è un precetto particolare. I pasti che somministriamo in ospedale, lasciando stare il sapore, dovrebbero essere tutti bilanciati per fornire l’apporto proteico, anche derivato dalla proteina animale, per soddisfare le necessità metaboliche e di salute dell’organismo. Ma al momento del pasto, la portata più rifiutata dai pazienti è proprio la componente proteica della carne. Quindi, quello che in teoria doveva essere il pasto ideale, diventa il pasto meno ideale per il paziente, che dovrebbe trovare guarigione da quello che mangia. È come se mancasse di assumere una compressa o due compresse della sua terapia”.
#Proteine e #ferro: con i prodotti di origine vegetale, #fitati e #tannini tendono a far precipitare il ferro, inibendone l’assorbimento a livello intestinale. Condividi il Tweet
Proprio la carne rossa è la fonte migliore di approvvigionamento di ferro eme, che non serve solo per la sintesi dell’emoglobina, ma anche nella modulazione della risposta immunitaria, per facilitare il recupero e la ricostruzione dei tessuti. “Purtroppo, anche se assumiamo ferro regolarmente nella famosa dieta sana, ci sono una serie di situazioni concomitanti che ne impediscono l’assorbimento”, spiega l’esperto: “Siamo affamati di proteine e di ferro, da un punto di vista globale. Se noi utilizziamo molti prodotti di origine vegetale, come le linee guida ci suggeriscono di fare, i fitati e i tannini tendono a far precipitare il ferro, inibendone l’assorbimento a livello intestinale.
Stessa cosa con l’assunzione di caffè e tè o di antiacidi, i farmaci più venduti al mondo. Soffrono di carenza di ferro anche i vegani, le persone sportive, chi ha un aumento di necessità metaboliche. L’unico modo per risolvere il problema è aumentare l’introito di ferro. Nello scontro spinaci vs hamburger, ricordiamo che la biodisponibilità del ferro eme della carne è otto volte superiore a quella dei vegetali. Si sente dire che possiamo risolvere il problema spruzzando succo di agrumi, come limone, sugli spinaci, ma lo stesso vantaggio te lo dà amplificato sulla carne bovina, che ne contiene molto di più e otto volte più biodisponibile. Quindi se devo giocarmi la carta, me la gioco in modo intelligente”.
Riguardo alla sarcopenia, la riduzione patologica della massa muscolare, è un problema macroscopico, perché sta cambiando la composizione corporea degli anziani, soprattutto nelle aree rurali, che stanno perdendo quella componente di forza, di massa, che era molto più visibile fino a 10-20 anni fa. Questo, secondo il presidente della Società Italiana di Nutraceutica, a causa della deriva delle abitudini dietetico-comportamentali avuta negli ultimi decenni, che cominciamo a pagare adesso. Questa condizione compromette la sopravvivenza, che è drammaticamente più bassa. La degenza ospedaliera è quattro volte più lunga nel paziente fortemente sarcopenico, ma il problema reale è che c’è associazione con tutta una serie di patologie, che aumentano il rischio cardio-metabolico per un accumulo di lipidi, con ripercussioni importanti nel medio lungo termine dal punto di vista del rischio in generale.
La #CarneRossa magra porta benefici sulla #MassaMuscolare, è un controsenso demonizzare un consumo adeguato di #ProteineAnimali. Condividi il Tweet
“Gli studi epidemiologici ci dicono chiaramente che ci sono dei pattern dietetici anti sarcopenici, cioè un modello nutrizionale completo che comprende una quota adeguata di proteine animali”, sottolinea Cicero: “La carne rossa magra porta benefici sulla massa muscolare e l’evidenza è forte e consistente, sia negli studi osservazionali, che di intervento. Una volta che il paziente è già sarcopenico, ha grosse difficoltà a recuperare, ecco perché dobbiamo muoverci in maniera preventiva, soprattutto nella comunicazione di messaggi educazionali sulla popolazione in generale. Questo non vuol dire convertire a forza il vegano etico o il vegetariano a cui non piace la carne, però non vuol dire neanche dover demonizzare un consumo adeguato di proteine di origine animale, fondamentali per preservare la massa muscolare”.
Anche la cicatrizzazione delle ferite non è una cosa banale ed è fortemente correlata all’apporto amminoacidico. Secondo l’esperto, questa è un’altra condizione che giustifica ampiamente il cercare di riattivare un consumo di carne adeguato nei soggetti affetti da lesioni cutanee e sottocutanee, soprattutto dalle cosiddette “ferite difficili”, piaghe che fanno fatica a cicatrizzare spontaneamente nonostante le migliori cure. “La componente nutrizionale può impattare in maniera fondamentale, non solo sulla prevenzione, che sarebbe il top, ma soprattutto sulla possibilità che queste piaghe vadano incontro a guarigione”, spiega Cicero: “Cosa ci aiuta a guarire materialmente e cosa può essere interessante dal punto di vista della gestione della dieta? Tutto ciò che ci fornisce proteine nobili, zinco e ferro, quindi le proprietà nutrizionali delle carni rosse, che sono poco assunte proprio da questa tipologia di pazienti, creando un pericoloso circolo vizioso poco considerato”.
Infine, il presidente della Società Italiana di Nutraceutica mostra degli studi di intervento, quindi non teorici ma pratici, in cui ad anziani con declino cognitivo, che non consumano una quantità adeguata di carne e carenti dal punto di vista nutrizionale, è stato proposto un intervento pluri-componente, che consisteva in attività fisica, interazione sociale e una parte di consumo aggiunto di carne rossa magra. Dopo circa sei mesi di trattamento, ci sono state tante piccole variazioni significative, in quanto è migliorata in maniera macroscopica la capacità di memorizzazione e di apprendimento, cosa non indifferente, visto che si tratta di anziani con deficit cognitivo, con un impatto totalmente neutrale sui parametri infiammatori.
#Salute: in condizioni cliniche specifiche, la #carne non deve essere tolta dal menu. Tutto deve essere tarato sulla #quantità e la #qualità. Condividi il Tweet
“Questo ci porta a riflettere sul valore della carne rossa come nutraceutico per condizioni mediche specifiche, che sarebbero difficilmente gestibili anche da un punto di vista economico”, conclude Arrigo Cicero: “Non ti devo obbligare a consumare carne, però se ci sono delle condizioni cliniche specifiche, non deve essere tolta. Tutto deve essere tarato sulla quantità e sulla qualità, perché se si pensa di compensare prendendo compresse o integratori, il nutraceutico di buona qualità, lavorato farmaceuticamente per renderlo biodisponibile, costa molto. Costa anche la carne, ma io di qualcosa mi dovrò nutrire e di conseguenza, se investo in un alimento di qualità migliore anziché nell’integrazione nutrizionale, ho un grosso vantaggio ai fini di un’adeguata ed equilibrata alimentazione”.