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Carne, importante fonte di vitamina D

Sono davvero pochi gli alimenti che contengono naturalmente vitamina D, e questi sono principalmente di origine animale. Chi rinuncia completamente alla carne e ai prodotti animali ne registra infatti livelli marcatamente più bassi.

Contrariamente a quanto si pensava in passato, la carne è una importante fonte di vitamina D, molto utile per la robustezza di ossa e muscoli, per il funzionamento del cervello, per una buona fertilità, per fortificare il sistema immunitario e per ridurre le infiammazioni. È recente la scoperta di un suo coinvolgimento anche nella prevenzione di diverse patologie, tra cui quelle cardiovascolari, ipertensione, tumore del colon, sclerosi multipla e diabete. Nella carne è presente soprattutto nella sua forma più utile, il calcitriolo, metabolita attivo molto più potente del colecalciferolo, o vitamina D3.

La vitamina D infatti non è tutta uguale, ma è composta da una grande famiglia, con diversità strutturali, chimiche e metaboliche. Le più importanti per la dieta sono la vitamina D2, o ergocalciferolo, e la D3, o colecalciferolo. La vitamina D3 proviene da fonti animali, come la carne, frattaglie, burro, tuorlo d’uovo e pesce grasso ed è la forma biologicamente più utile per il nostro organismo. Durante l’esposizione solare infatti è proprio questa forma che viene sintetizzata direttamente dall’epidermide del nostro corpo a partire dal colesterolo, in modo da averla subito a disposizione per le sue funzioni.

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La vitamina D2 invece si trova nei cibi vegetali come i funghi, se sono stati irradiati con i raggi UV. Questa è anche la forma che troviamo negli integratori e cibi fortificati, perché più facile da addizionare agli alimenti e ha costi di produzione inferiori, ma è anche la forma meno utile alle funzionalità del nostro organismo ed è più soggetta a deteriorarsi. Infatti i due tipi di vitamina D vengono metabolizzati dal fegato in modo diverso. A pari quantità la vitamina D3 è più efficace della vitamina D2 nel produrre i successivi metaboliti biologicamente utili, come il calcifediolo e il calcitriolo, la forma attiva di vitamina D che si trova nella carne e che ha tante funzioni importanti, contribuendo anche ad aumentare l’assorbimento del calcio, fosforo e magnesio nell’intestino.

Ecco perché la vitamina D3 della carne e di altre fonti animali è la forma preferenziale per ottimizzare lo status di vitamina D nel sangue. Con l’integrazione di vitamina D3 al mangime degli animali si migliora non solo il loro benessere, ma si ritrova poi questa vitamina in alte concentrazioni nel tessuto muscolare e soprattutto nelle frattaglie come fegato e reni. Questo è stato osservato in tutte le carni: di manzo, di maiale, specialmente nel lardo e quindi nei salumi, ma anche nella carne di agnello, pollo e tacchino. Nei bovini l’integrazione durante il finissaggio aumenta anche la tenerezza della carne. Essendo una vitamina liposolubile si ritrova infatti nel grasso, e un’alimentazione troppo light ne compromette l’assorbimento.

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Chi rinuncia completamente alla carne e ai prodotti animali registra livelli marcatamente più bassi di vitamina D, con il 43% in meno di vitamina D nel sangue rispetto a chi mangia carne regolarmente. Sono proprio particolari componenti delle proteine della carne ad aumentare l’utilizzo della vitamina D nell’uomo, addirittura quando l’esposizione al sole non è possibile, contribuendo al 30% dell’apporto di vitamina D negli adulti e al 35% negli adolescenti.

La carenza di vitamina D provoca il rachitismo nei bambini, con rammollimento del cranio e deformazione delle ossa a causa di uno sviluppo inadeguato e l’osteomalacia negli adulti, cioè ossa fragili più soggette a fratture. Vegani e vegetariani hanno infatti un rischio di osteoporosi e rotture ossee molto elevato ed è recente il drammatico ritorno del rachitismo nei bambini svezzati e nutriti con diete esclusivamente a base vegetale.

Chi rinuncia completamente alla #carne e ai prodotti animali registra livelli marcatamente più bassi di #VitaminaD nel sangue: il 43% in meno. Condividi il Tweet

La cottura della carne non influisce negativamente sul contenuto in vitamina D, che è molto resistente alle alte temperature e anzi aumenta, per le perdite di acqua e la conseguente concentrazione dei nutrienti, al contrario di quanto avviene nei vegetali. Sono preferite le cotture rapide anziché lente, mentre quelle più aggressive come la frittura in olio vegetale scadente possono determinarne una perdita del 35–42%, perché i grassi si disciolgono nell’olio che viene poi gettato via.

Visti gli innumerevoli benefici di questa vitamina, le raccomandazioni nutrizionali sono state di recente notevolmente aumentate. Le società di nutrizione per questo raccomandano un’assunzione regolare di cibi animali, come tre porzioni di latticini e una porzione di carne, pesce o uova al giorno. La carne in particolare può apportare un utile contributo di questa vitamina alla dieta umana ed escluderla rende ancora più difficoltosa la copertura dei suoi fabbisogni.

Agronomo e divulgatrice scientifica. Autrice e coautrice di 11 pubblicazioni scientifiche e di numerosi articoli riguardanti l’alimentazione umana e gli impatti della stessa sulla salute e sull’ambiente, nel 2010 ha conseguito il titolo di DoctorEuropaeus e Ph. Doctor in Produzioni Animali, Sanità e Igiene degli Alimenti nei Paesi a Clima Mediterraneo. Cura GenBioAgroNutrition, “un blog a sostegno dell’Agroalimentare Italiano, della Dieta Mediterranea e della Ricerca Biomedica, contro la disinformazione pseudoscientifica”, che aggiorna quotidianamente.