Attività zootecniche: tutela di ambiente, economia, cultura
L’Appennino è un territorio particolarmente fragile che, oggi, rischia di esserlo ancora di più a causa del costante abbandono delle attività agricole e zootecniche da parte delle popolazioni locali. Ce ne parla il professor Bruno Ronchi, presidente dell’ASPA.
Lo stato di abbandono delle attività agricole e zootecniche che sta interessando vaste aree dell’Appennino non è un fenomeno preoccupante solo per la perdita di prodotti sia di origine vegetale che animale, ma soprattutto per una serie di conseguenze negative, non immediatamente e facilmente quantificabili.
Questo perché quando vengono a mancare le presenze umane (e con esse le sistemazioni, la viabilità, la regimazione idrica) in un territorio estremamente fragile, come appunto l’Appennino, questo stesso territorio comincia a degradarsi e a perdere la sua integrità estetica e funzionale.
Il fatto che i pascoli non vengano più utilizzati è strettamente collegato con l’avanzare di quella che viene chiamata “boscaglia”, e quindi un materiale facilmente combustibile, con aumento del rischio di incendi. La perdita dei pascoli implica anche uno scadimento del valore ecologico ed estetico del paesaggio. La bellezza di un paesaggio è legata essenzialmente alla sua manutenzione, è questa è garantita dalla presenza di agricoltori e allevatori che attuano buone pratiche di gestione.
Se correttamente gestito l’allevamento estensivo rappresenta uno strumento formidabile per la conservazione e la vita della montagna, concorrendo alla regolare fornitura dei cosiddetti “servizi ecosistemici”. Tutto questo è molto importante non solo per la manutenzione del paesaggio, ma anche per la preservazione della biodiversità: quella del suolo, ad esempio, ma anche l’entomofauna e dell’avifauna, strettamente collegate fra di loro.
Quando si va verso la perdita di un mosaico, verso la monotonia, cioè l’avanzare del bosco che copre tutta una montagna, tutta questa biodiversità tende drammaticamente a ridursi. E questi aspetti dal punto di vista ecologico vanno strettamente controllati. Alcuni tipi di farfalle, infatti, potremmo non vederne più. Così come alcune specie di uccelli predatori. C’è una catena ecologica che è positivamente collegata con la presenza di animali pascolanti.
Ciò che si crede generalmente è invece che l’allevamento, bovino in particolare, sia un nemico dell’ambiente. Eppure esso, soprattutto quando di tipo estensivo, è fortemente indirizzato all’utilizzazione delle risorse spontanee, salvo complementazioni alimentari nel momento in cui dovessero rendersi necessarie.
L’Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali (ASPA) ha attivato da diversi anni attività di ricerca e di divulgazione tecnica rivolte a comprendere il ruolo di corrette prassi di allevamento per sistemi zootecnici in aree montane, non solo per la tutela ambientale e la sostenibilità economica delle imprese, ma anche per garantire il benessere animale, la sicurezza alimentare e il valore nutrizionale dei prodotti.
Bruno Ronchi
Presidente dell’Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali (ASPA) e Professore Ordinario del Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali (DAFNE) dell’Università degli Studi della Tuscia.