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Assorbimento del ferro: facciamo due conti

In seguito all’articolo di Carni Sostenibili “Vi andrebbe di mangiare 25 kg di spinaci al giorno?”, in cui si spiegava appunto che per equiparare il ferro contenuto nella carne occorrerebbe ingerire una quantità spropositata di spinaci, non sono mancati gli interventi tempestivi di alcuni vegani che, per difendere le proprie teorie, hanno postato un’immagine presa da greenMe.it con le migliori fonti vegetali di ferro ed un esempio di pasto vegano, che riporto qui integralmente:

Una persona che legge questo esempio senza approfondire, potrebbe effettivamente convincersi che basta poco per raggiungere facilmente il fabbisogno giornaliero di ferro solamente tramite alimenti vegetali. In realtà la furbizia di chi ha scritto questo commento è stata quella di riportare il contenuto di ferro di alimenti secchi e crudi e di non considerare la quota di ferro effettivamente assorbita e utilizzata dall’organismo.

Inoltre 100 grammi di fagioli borlotti secchi insieme a 100 grammi di pasta cruda sono troppi per una sola persona, una volta cotti. E anche i 100 g di radicchio crudo sono tanti. Una porzione per una sola persona infatti è composta da 80 g di pasta cruda e 30 g di legumi crudi. Inoltre, il ferro assimilabile dai vegetali si riduce ulteriormente del 15% con la cottura in acqua.

Ridimensioniamo un attimo il tutto, riportando i calcoli ad una situazione più realistica, considerando dunque gli alimenti già cotti.

Secondo la banca dati di composizione degli alimenti dell’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione – ora CREA), 100 g di fagioli borlotti bolliti in acqua, scolati e pronti da mangiare, contengono 2.3 mg di ferro e 100 g di pasta di semola cotta ne contengono 0.8 mg. A questo punto, se io mangiassi tutti i 100 g di fagioli, i 100 g di pasta e i 100 g di radicchio, il ferro totale assunto sarebbe di 10.9 mg.

Ma attenzione. Di questi 10.9 mg introdotti, trattandosi di ferro non eme, solamente una percentuale che va dal 2 al 20% sarà realmente assorbita. Mettendoci nella condizione ideale e massima possibile del 20%, che si verifica in presenza di acidi o di prodotti carnei nel pasto, il ferro assorbito sarebbe solamente di 2.18 mg, numero ben lontano dai 18.2 mg che scrive l’amico vegano.

Per questi motivi, a chi sceglie di seguire una dieta priva di alimenti di origine animale, si consiglia di cercare di introdurre il 50% di ferro in più e adottare strategie per aumentarne l’assorbimento, come condire le verdure cotte con limone o mangiare frutta e ortaggi che contengano vitamina C. Nel nostro esempio, nonostante questi accorgimenti, non si riuscirebbe comunque a coprire il fabbisogno giornaliero (18 mg al giorno nelle donne dai 19 ai 50 anni, che sale a ben 27 mg nelle donne in gravidanza e 11 mg al giorno negli uomini).

Seppur è vero che combinando in modo corretto gli alimenti si riesce ad ottenere il ferro anche solamente dai vegetali, bisogna stare attenti a minimizzare la questione: una nutrizione a base vegetale deve essere integrata con una selezione accurata di alimenti e integratori. Il ferro nei vegetali c’è, ma è al 100% in forma non eme, poco biodisponibile e intrappolato da fibre e fitati che ne riducono l’assorbimento dell’80%. Come si suol dire: guardare ma non toccare. Ad esempio la soia contiene il doppio del ferro della carne rossa, ma soltanto il 7% è realmente assorbito dall’organismo, quantità decisamente inferiore a quella potenzialmente assorbita dalla carne.

In realtà solo la carne, come quella di cavallo (4 mg) e la selvaggina, ma soprattutto le interiora, come fegato (18 mg) e milza (42 mg), oppure i frutti di mare, come le cozze (5.8 mg), sono davvero delle buone fonti di ferro, per il 40% in forma eme, altamente biodisponibile (la quota assorbita varia dal 20 al 40%) ed il suo assorbimento non è influenzato dalla composizione generale della dieta.

Anche nella carne il 60% del ferro è in forma non eme, come quello dei vegetali, ma è stato dimostrato che uno dei promotori dell’assorbimento del ferro non eme è proprio il tessuto muscolare, in quanto aggiungendo della carne ad un pasto, la quota di ferro non eme assorbito aumenta, sia negli adulti che nei bambini, nei quali la richiesta di ferro è particolarmente elevata (7-11 mg al giorno).

Per questi motivi, la carne è la fonte di ferro più adatta nell’alimentazione dei più piccoli, evitando i problemi di flatulenza che un eccesso di legumi provoca al delicato intestino del bambino e scongiurando il rischio di anemie da carenza di ferro, che, come dimostrato in molti studi, tendono a verificarsi nei bambini che seguono diete “atipiche”, come quelle vegetariane e macrobiotiche.

Le diete vegetariane e vegane sono ad alto rischio di carenza di ferro, come evidenziato in diversi studi, dimostrando che la quota di ferro assimilata può essere compromessa in chi segue regimi alimentari privi di carne e pesce.

Per concludere, mai fidarsi di chi sostiene che i vegetali possano sostituire con facilità gli alimenti animali, perché la realtà è ben diversa.

 

Agronomo e divulgatrice scientifica. Autrice e coautrice di 11 pubblicazioni scientifiche e di numerosi articoli riguardanti l’alimentazione umana e gli impatti della stessa sulla salute e sull’ambiente, nel 2010 ha conseguito il titolo di DoctorEuropaeus e Ph. Doctor in Produzioni Animali, Sanità e Igiene degli Alimenti nei Paesi a Clima Mediterraneo. Cura GenBioAgroNutrition, “un blog a sostegno dell’Agroalimentare Italiano, della Dieta Mediterranea e della Ricerca Biomedica, contro la disinformazione pseudoscientifica”, che aggiorna quotidianamente.