Antibiotici in allevamento: come ridurli?
C’è molta confusione sugli antibiotici e sul fenomeno dell’antibiotico-resistenza. Lo conferma un’indagine della Commissione europea sulla consapevolezza che di questo argomento hanno i cittadini europei.
Un dato per tutti: il 57% del campione preso in esame ignora che gli antibiotici non hanno alcuna efficacia contro i virus. In Italia questa percentuale sale al 60%. E mentre si usano a sproposito nell’uomo quando non servono, si crede erroneamente che le carni ne siano imbottite. Semmai è vero il contrario.
Lo prevedono le norme sull’impiego dei farmaci veterinari (anche imponendo i tempi di sospensione) e lo confermano i dati di Efsa, l’ente europeo per la sicurezza alimentare: le analisi più recenti, del 2016, dicono che la percentuale di presenze di farmaci e altre sostanze indesiderate si è fermata allo 0,31% e in particolare per gli antibatterici il dato figura fra i più bassi.
Ciò non significa che il fenomeno dell’antibiotico-resistenza sia da sottovalutare, ma che è finalmente da affrontare in un’ottica più aderente al principio “One Health”, una “salute unica” che coinvolga uomo e animali. Valutazioni dell’Ocse sulle dimensioni del fenomeno affermano che in Europa la resistenza antimicrobica è responsabile ogni anno di 25mila decessi, cifra che sale a 700mila se il perimetro si allarga a tutto il mondo. Ma ancora più preoccupanti sono le proiezioni che stimano in dieci milioni i decessi che si potrebbero avere nel 2050 se non si prenderanno adeguate contromisure.
Gli allevamenti stanno facendo da tempo la loro parte, iniziando a fronteggiare il problema ancor prima che il legislatore europeo lo imponesse con regolamenti e direttive. Come? Ad esempio avendo abbandonato da anni l’impiego auxinico (piccole dosi per favorire la crescita): gli antibiotici entrano in allevamento solo quando sono indispensabili per curare gli animali.
Questione di costi, oltre che di opportunità. Meglio invece la prevenzione. E se proprio bisogna intervenire, oggi sono molte le alternative, grazie all’impegno e all’intuizione dei tanti ricercatori al lavoro nel trovare sostituti agli antibiotici da utilizzare in campo animale. Impossibile ricordarli tutti, ma alcuni meritano di essere citati, per l’efficacia o per l’originalità del percorso.
Fra questi le esperienze di Yang Wang e collaboratori, del collegio di Scienze animali dell’Università di Zhejiang, ad Hangzhou, in Cina. Impiegando nei suinetti un probiotico a base di Bacillus amiloliquefaciens, hanno ottenuto risultati vicini a quelli dei comuni antibiotici.
C’è invece chi ha puntato sull’ozono. Se può essere utilizzato per sanificare le acque e le sale operatorie, perché non potrebbe essere utile per l’igiene degli allevamenti? Il quesito ha trovato risposta positiva, confermando che con l’ossigeno-ozono-terapia applicata in campo zootecnico si può contrastare il proliferare di virus, batteri e malattie infettive. Ovvia conseguenza, la riduzione degli antibiotici. Altri ricercatori (come Zhai H. e coll) hanno dimostrato che l’acido benzoico migliora la salute intestinale dei suinetti. Risultato? meno malattie e meno antibiotici.
Lungo poi l’elenco dei prodotti naturali che si stanno utilizzando in zootecnia al posto degli antibiotici. Ci sono gli acidi grassi a corta catena, come l’acido butirrico, e i tannini, capaci di effetti batteriostatici e battericidi, evidenti nel caso dei ruminanti.
Per gli avicoli si può ricorrere ai monogliceridi sintetici, che offrono buone opportunità di abbattimento di patogeni temibili, come la Salmonella o il Clostridio. Poi le batteriocine, peptidi di origine batterica che potrebbero rivelarsi una valida alternativa all’utilizzo di antibiotici, come suggerisce una ricerca dell’Istituto zooprofilattico delle Venezie.
Non meno interessante le opportunità offerte da alcuni tipi di alghe. Ricercatori francesi hanno dimostrato che l’alto contenuto in polisaccaridi solfitati conferisce loro proprietà antimicrobiche. Utilizzate negli alimenti per gli animali sarebbero in grado di modulare la risposta immunitaria degli animali stessi.
Curiosa anche la riscoperta delle proprietà antibiotiche dell’aglio, la cui attività antimicrobica si rivelò utile durante la prima guerra mondiale, quando le ferite infette venivano trattate con succo di aglio (la “penicillina russa”).
Questo elenco potrebbe continuare a lungo, ma già da questa sintesi incompleta emerge il forte impegno in campo zootecnico per evitare o almeno limitare l’uso degli antibiotici. Un obiettivo importante, che responsabilmente gli allevamenti da carne, ma anche quelli da latte, si sforzano di raggiungere. Sia utilizzando antimicrobici diversi dagli antibiotici, sia ricorrendo più spesso alla vaccinazione. Ma anche aumentando negli allevamenti le misure di biosicurezza, perché prevenire non solo è meglio che curare, ma soprattutto costa meno.
E’ di giugno 2018 la proposta della Commissione ambiente sanità pubblica e sicurezza alimentare (Envi) del Parlamento europeo di vietare l’impiego degli antibiotici per trattamenti di massa. In pratica, non sarà più permesso l’uso di questi farmaci su tutto il gruppo di animali a rischio di malattia, ma si passerà agli interventi individuali e solo a malattia presente nel singolo animale. Sempre, ovviamente, sotto il controllo di un medico veterinario, come già oggi avviene. Al momento solo una proposta, che ha buone probabilità di tradursi in un atto legislativo e quindi divenire un obbligo.
Il mondo degli allevamenti è già pronto a raccogliere questa sfida e da tempo, come si è visto, sta mettendo a punto strumenti alternativi agli antibiotici. Ma non si può chiedere alla sola zootecnia di risolvere il problema dell’antibiotico-resistenza. Se un impegno altrettanto forte non caratterizzerà presto la medicina umana, la lotta ai super batteri non avrà successo.
Angelo Gamberini
Giornalista professionista, laureato in medicina veterinaria, già direttore responsabile di riviste dedicate alla zootecnia e redattore capo di periodici del settore agricolo, ha ricoperto incarichi di coordinamento in imprese editoriali. Autore di libri sull’allevamento degli animali, è impegnato nella divulgazione di temi tecnici, politici ed economici di interesse per il settore zootecnico.