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Allevamento e agricoltura, ultimi presìdi contro la cementificazione

Un allevatore è sempre anche un agricoltore, soprattutto nel caso del bovino. L’allevamento infatti non è possibile senza agricoltura, perché da una parte è necessario produrre l’alimento per l’animale, dall’altra – non tutti lo sanno – serve sempre un tot di superficie di terreni su cui smaltire (e usare come fertilizzante naturale) i reflui zootecnici; per essere più precisi, serve in media 1 ettaro di terreno per 20 quintali di animali vivi. Allevatore e agricoltore è un binomio che deve andare per forza avanti insieme, perché non esiste allevamento senza agricoltura, e viceversa.

Mais, soia, erba medica…: ciò di cui si nutrono i bovini italiani proviene in gran parte dai terreni intorno al loro allevamento. E se del mais l’uomo utilizza a scopi alimentari la sola pannocchia, il bovino si ciba di tutta la pianta (e in generale si ciba di materia vegetale per il 92% non edibile per l’uomo). Non solo, l’essere costretti a prodursi gran parte dei foraggi animali e di avere terreni su cui spandere il letame, fa degli allevamenti bovini un ottimo presidio, forse l’ultimo, contro fenomeni quali la cementificazione ed il consumo di suolo. A ricordare queste importanti verità sono i fratelli Andrea e Giacomo Beltrame, protagonisti per il settore bovino della campagna #AlleviamoRispetto, pensata per dare finalmente voce agli allevatori italiani, in modo da fargli spiegare non solo il loro punto di vista, ma anche il loro lavoro.

Il Progetto “Carni Sostenibili” vuole individuare gli argomenti chiave, lo stato delle conoscenze e le più recenti tendenze e orientamenti tecnico scientifici, con l’intento di mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente.