Allevamenti intensivi? No, di precisione.
Più che di allevamenti intensivi, in Italia si dovrebbe parlare di allevamenti protetti, digitali, di precisione. Allevamenti che garantiscono elevati standard di benessere animale, sicurezza e qualità di produzione.
Scrivi allevamento intensivo e chi legge pensa ad animali ammassati l’uno sull’altro, stalle maleodoranti, luoghi di sofferenza. Non c’è da stupirsi. Questa è l’immagine che ne danno i media quando si affronta il tema della zootecnia intensiva. Ma questa non è la realtà delle imprese zootecniche italiane. Certo, rari casi di maltrattamenti avvengono e sono denunciati e perseguiti. In ogni caso si tratta di allevamenti destinati al fallimento. Perché animali maltenuti producono poco e male, difetti che il mercato non perdona, punendo con il fallimento dell’impresa.
Negli allevamenti intensivi le cose vanno diversamente. Per quanto il numero di animali possa sembrare elevato, lo spazio a disposizione di ognuno deve essere tale da assicurare condizioni di benessere. Lo prescrivono leggi europee e italiane, lo pretendono gli animali ed è la prima preoccupazione di ogni allevatore che si rispetti. Cosa si intenda per benessere animale è ben descritto dalle “cinque libertà”: dalla fame e dalla sete, dal dolore e dalle malattie, dalla paura e dal disagio. E poi libertà di comportamento, in un ambiente adeguato.
Più che di #AllevamentiIntensivi, in #Italia si dovrebbe parlare di #allevamenti protetti, #digitali, di #precisione. Che garantiscono elevato #BenessereAnimale, #sicurezza e qualità. Condividi il Tweet
Negli allevamenti intensivi non ci si accontenta di questo. Si va oltre, utilizzando al meglio ogni progresso che la tecnologia mette a disposizione, a iniziare dal capitolo alimentazione. In questo campo il mondo digitale è entrato da tempo, da quando gli elaboratori elettronici erano grandi quanto una stanza e avevano una capacità di calcolo inferiore a quella di un attuale telefonino. Ma anche i vecchi e obsoleti calcolatori erano indispensabili per scegliere gli ingredienti in grado di offrire la giusta quantità di proteine e grassi, il corretto rapporto di aminoacidi e fibre, la quota di energia necessaria. Calcoli complessi, oggi più accessibili, ma pur sempre bisognosi di essere affidati a esperti nutrizionisti. Parafrasando, si potrebbe dire che tutti gli animali vanno dal dietologo.
Non basta avere un #alimento perfetto, occorre sincerarsi che ogni #animale ne possa avere a sufficienza, nelle quantità necessarie. Condividi il Tweet
Non basta avere un alimento perfetto, occorre sincerarsi che ogni animale ne possa avere a sufficienza, nelle quantità necessarie. Un compito affidato ad automatismi che non si limitano a portare l’alimento in mangiatoia, ma lo pesano e ne verificano l’effettivo consumo. Nel caso degli animali di taglia maggiore, come bovini e anche i suini, è possibile seguire con precisione ogni soggetto. Collari muniti di transponder identificano il singolo capo consentendogli l’accesso al punto di alimentazione, sino a quando la sua razione sarà assunta completamente. Al contempo il sistema avverte l’allevatore di ogni situazione anomala, come ad esempio un minore consumo di cibo, uno dei primi segnali che qualcosa non va.
Ma non è tutto. Braccialetti applicati alle zampe misurano costantemente i movimenti, un’indicazione preziosa per monitorare situazioni fisiologiche utili per la riproduzione o per segnalare patologie in atto. Più recente l’introduzione di sensori che avvisano l’allevatore dell’approssimarsi del parto, un evento che spesso richiede assistenza. Collari e braccialetti o “orecchini” comunicheranno poi dove si trova l’animale che abbisogna di attenzione da parte dell’allevatore. Informazione indispensabile quando gli animali sono al pascolo, ma utile anche negli allevamenti dove gli animali possono liberamente muoversi dentro e fuori l’allevamento, come accade in tante tipologie zootecniche.
Negli #AllevamentiDdigitali anche l’#ambiente è tenuto sotto stretto controllo con sensori che misurano #temperatura, #umidità e qualità dell’#aria, regolandole. Condividi il Tweet
Allevamenti “digitali”, dove anche l’ambiente è tenuto sotto stretto controllo con sensori che misurano temperatura, umidità e qualità dell’aria, regolando di conseguenza le aperture con l’esterno o avviando a seconda dei casi i sistemi di raffrescamento e riscaldamento. Nel caso poi delle bovine da latte la digitalizzazione degli allevamenti ha raggiunto livelli di eccellenza, che hanno la loro massima espressione nei sistemi robotizzati di mungitura e di controllo delle caratteristiche del latte. Anche negli allevamenti di bovini da carne troviamo applicazioni di ultima generazione, come il bolo ruminale che una volta ingerito trasmetterà a sensori esterni informazioni sul corretto procedere dei processi di digestione e assimilazione degli alimenti.
Grazie a queste tecnologie gli allevamenti intensivi offrono garanzie di benessere e di salute degli animali che si riflettono sulla qualità delle loro produzioni, dalla carne al latte, alle uova. Più salute si traduce in minore ricorso ai farmaci, tutti e non solo gli antibiotici, il cui impiego è in continua contrazione. Alimentazione di precisione coincide con minori sprechi metabolici, in altre parole meno azoto, meno ammoniaca, meno gas climalteranti. Più efficienza significa inoltre uguale produzione con meno animali. Anche questo un beneficio per l’ambiente.
Grazie a queste #tecnologie gli #allevamenti #intensivi offrono garanzie di #benessere e #salute degli #animali che si riflettono sulla #qualità delle loro #produzioni. Condividi il Tweet
È da questi allevamenti, che meglio sarebbe chiamare “di precisione”, piuttosto che intensivi, che escono le materie prime che poi si trasformano nelle eccellenze agroalimentari che il nostro Paese è capace di esprimere. Perché se intensivo si vuol tradurre in produzioni di massa, per i nostri allevamenti la sfida sarebbe persa in partenza. Ci sarà sempre qualcuno nel mondo che potrà produrre di più a meno. Ma non con le stesse caratteristiche di qualità. Per questo la nostra zootecnia intensiva è “diversa”, molto diversa dagli stereotipi che vorrebbero descriverla proponendo situazioni inaccettabili e irreali.