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Allevamenti estensivi in Italia: cosa e come sono veramente

Un piccolo viaggio alle origini di questo sistema di allevamento forse ancora poco conosciuto per quello che realmente è, al netto delle fake news sempre più circolanti.

Allevamento estensivo. Una definizione che sentiamo spesso in contrapposizione con intensivo. Ma cosa si intende davvero con questo termine e dove sono sviluppati gli allevamenti estensivi in Italia?

Nel corso dei secoli, nelle aree dell’arco alpino, si è sviluppato un sistema di allevamento che veniva definito alpeggio. Questo aveva la durata di circa 90-100 giorni. Iniziava a partire da giugno e terminava alla metà di settembre. Nei rimanenti mesi dell’anno gli animali venivano allevati nelle aree di fondovalle, con sistemi a carattere semi-intensivo. Questi prevedevano la stabulazione, la somministrazione di foraggi conservati e di alimenti concentrati. L’unità funzionale dell’alpeggio era rappresentata dalla malga, dove si esercitavano le attività di pascolamento, mungitura e, ormai sempre più raramente, di trasformazione casearia. L’alpeggio permetteva così di integrare le attività agricole di fondovalle con la montagna alpina.

Da alcuni anni a questa parte le malghe hanno assunto funzioni di offerta di prodotti e di servizi per le esigenze turistiche. La maggior parte delle malghe presenti nell’arco alpino vengono utilizzate per l’allevamento di razze bovine ad attitudine lattifera, appartenenti per lo più a razze tradizionali e locali. Tra queste troviamo le razze bovine Valdostane, la razza Rendena e la Grigia Alpina. Vengono allevate anche razze cosmopolite, quali la Bruna, la Frisona e la Pezzata Rossa. Minoritaria è invece la presenza di malghe caricate con ovini, caprini, equini e asini.

La maggior parte delle #malghe dell’arco alpino vengono utilizzate per l’#allevamento di #RazzeBovine ad attitudine lattifera, appartenenti per lo più a razze tradizionali e locali. Condividi il Tweet

Nelle aree della dorsale appenninica sono ancora diffusi sistemi di allevamento estensivo stagionale al pascolo di bovini da carne e di ovini, e più raramente di caprini e di equini. La stagione di pascolamento si estende solitamente dal mese di maggio fino al mese di ottobre-novembre, a seconda delle condizioni climatiche. Attualmente le aree della dorsale appenninica settentrionale e centrale vengono utilizzate prevalentemente per l’allevamento estensivo di fattrici da carne appartenenti alle razze Romagnola, Chianina e Marchigiana. Nell’area dei Monti Sibillini si riscontra invece ancora una forte presenza di ovini da latte, che praticano la transumanza stagionale da aree limitrofe.

In Italia centrale, e precisamente nelle regioni Lazio e Toscana, è diffuso l’allevamento brado integrale della razza bovina Maremmana, che può essere considerato oggi come il modello di riferimento di allevamento estensivo a livello nazionale. Gli animali permangono continuativamente nelle aree di allevamento, costituite da pascoli e boschi della macchia mediterranea. Caratteristica è la presenza di aree gravate da usi civici, definite nella Regione Lazio “Università Agrarie”. In tali aree vengono allevati in maniera promiscua gli animali di proprietà degli aventi diritto ad esercitare l’uso del pascolo.

In vaste aree dell’Italia meridionale è diffuso invece l’allevamento estensivo dei bovini di razza Podolica, destinati sia alla produzione della carne, sia alla produzione del tipico Caciocavallo. Tali sistemi di allevamento possono prevedere forme di transumanza, con spostamenti stagionali tra aree montane, come quelle della Sila e del Pollino, e aree di pianura. Forme tradizionali di allevamento estensivo sono diffuse anche nelle aree insulari, in particolare nelle zone meno vocate per l’utilizzazione agricola o per forme di allevamento intensivo. È il caso dell’allevamento brado del bovino sardo, indirizzato alla produzione della carne anche mediante incrocio.

Nelle aree della dorsale appenninica sono diffusi sistemi di #AllevamentoEstensivo stagionale al #pascolo di #bovini da #carne e di ovini, pochi di #caprini e di #equini. Condividi il Tweet

Insomma sono rimaste poche forme di questo tipo di allevamento che ha i suoi pro e i suoi contro. Perché la soluzione migliore, in fin dei conti, è una via di mezzo tra intensivo ed estensivo. Solo con un buon compromesso fra i due, con i loro vantaggi e svantaggi, si può garantire il benessere animale, la sicurezza alimentare e la sostenibilità ambientale. Quello che in effetti possiamo dire sia già rappresentativo del virtuoso modello zootecnico italiano.

 

Il Progetto “Carni Sostenibili” vuole individuare gli argomenti chiave, lo stato delle conoscenze e le più recenti tendenze e orientamenti tecnico scientifici, con l’intento di mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente.