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Allevamento intensivo o estensivo? Serve un compromesso

Meglio l’allevamento bovino intensivo o estensivo? Dipende, perché entrambi hanno sia pro che contro. La soluzione migliore, quindi, è un compromesso fra i due. Quella che in effetti giù rappresenta il modello zootecnico italiano. Ce ne parla Carolina Pugliese, ricercatrice ASPA.

Gli animali da reddito come bovini, suini, avicoli, ma anche ovini e caprini, possono essere allevati sia in modo “intensivo” che “estensivo”. Entrambi i due metodi di allevamento hanno sia pro che contro, per cui non si può dire che uno sia sbagliato e l’altro corretto. Fra i due c’è infatti una via di mezzo, un compromesso che è assolutamente possibile, come del resto dimostra il modello zootecnico italiano. E questo compromesso può essere raggiunto solo se si applicano le conoscenze e i risultati che la ricerca sta ottenendo.

C’è da dire infatti che il mondo della ricerca, anche in Italia, sta lavorando per rimediare agli errori del passato, legati ad esempio ad una eccessiva intensivizzazione del settore zootecnico. Allo stesso tempo, però, si sta cercando di migliorare l’allevamento estensivo rispetto a quello che si poteva praticare 40 o 50 anni fa. Questo perché ciò che deve essere centrale è il benessere animale, che a differenza di quanto in molti pensano non è necessariamente assicurato con l’allevamento estensivo.

Benessere animale significa infatti garantire che vengano soddisfatti i bisogni degli animali, da quelli alimentari (fame, sete) a quelli legati alla libertà di movimento, fino alla protezione dalle condizioni ambientali avverse. Pensare quindi che l’animale allevato all’aperto, senza un condizionamento da parte dell’uomo, sia la migliore delle condizioni possibili è a dir poco sbagliato.

Il mondo della ricerca, anche in Italia, sta lavorando molto per migliorare le condizioni degli animali d’allevamento. E, per quanto riguarda la zootecnia, si sta investendo parecchio su quella che, con un termine inglese forse poco simpatico ma molto efficace, viene definita “precision farming”, ossia l’attenzione ai bisogni degli animali in maniera individuale. Il tutto compatibilmente con il giusto ritorno economico, perché non si deve dimenticare il carattere imprenditoriale dell’allevatore.

Purtroppo questi messaggi non sono ancora passati e, soprattutto in Italia, l’opinione pubblica ha spesso una visione distorta del settore zootecnico e di quanto gli ruota intorno. Spesso, nel Belpaese, l’informazione su questi temi è deviata o distorta da un vero e proprio sensazionalismo; spesso vengono mostrate realtà ben diverse da quelle che, nella maggior parte dei casi, operano in condizioni di normalità e, soprattutto di liceità. Sui media, infatti, vengono spesso illustrate situazioni ai limiti, se non oltre, della legalità ben diverse quindi da quelle reali.

In Italia e in Europa esistono delle leggi e dei regolamenti molto severi, sia sul benessere animale che, in generale, sul modo di condurre gli allevamenti che, se non seguiti, portano i trasgressori ad essere passibili di sanzioni anche molto pesanti. Non è quindi giusto trasmettere un messaggio non obiettivo e, ripeto, non rispondente alla realtà.

Sarebbe invece utile che venissero veicolate delle informazioni oggettive, reali, riguardanti un settore, come quello zootecnico, da rappresentato oggi da allevamenti che hanno cambiato molto il loro modo di essere e di operare.

L’Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali (ASPA) ha nella corretta divulgazione, uno dei principali obiettivi, tanto che uno degli argomenti più dibattuti al suo interno è la sostenibilità degli allevamenti, anche in termini di benessere animale e di compatibilità tra gli animali da reddito ed ecosistema. E non è sempre detto che l’allevamento all’aperto garantisca il miglior compromesso possibile, in particolare quando la presenza di animali può alterare equilibri molto fragili.

L’ASPA sta facendo in questo senso degli sforzi immani e sarebbe giusto che anche il consumatore ne fosse consapevole. Così come sarebbe giusto non considerare gli allevatori dei torturatori di animali, ma persone che li allevano sulla base di princìpi e regole che, oltre tutto, sono alla base di un prodotto di qualità.

 

Professore associato di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) presso l'Università degli Sudi di Firenze e socio dell'Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali