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La ricetta elettronica entra in stalla

Dal primo settembre 2018 entrerà in vigore la ricetta elettronica veterinaria. Oltre a rendere più efficaci e sicure le prescrizioni medico-veterinarie, permetterà di non avere più dubbi sul reale impiego di antibiotici o sulle quantità utilizzate sia negli animali da affezione che in quelli da reddito.

Per allevatori e veterinari è un’importante rivoluzione. Per la salute pubblica un significativo passo avanti. Per i consumatori un’ulteriore garanzia dei già elevati standard di salubrità e sicurezza. È quanto si propone di ottenere l’introduzione della ricetta elettronica veterinaria, che metterà in soffitta carte e polverosi archivi nelle aziende zootecniche, negli ambulatori veterinari e negli uffici dell’amministrazione sanitaria. E a maggior garanzia arriverà la figura del “veterinario aziendale”, interfaccia fra chi produce e chi controlla.

Ma andiamo con ordine, iniziando dalla prossima introduzione della ricetta elettronica, operativa a partire dal primo settembre 2018. Un appuntamento al quale la medicina veterinaria arriva già preparata, dopo alcuni mesi di avvio sperimentale e applicazioni pratiche. Per comprendere quanto sia profondo il cambiamento è necessario ricordare, pur se per sommi capi, come si è proceduto sino ad oggi.

In presenza di un animale ammalato il veterinario era tenuto a scrivere una ricetta in tre copie, più una, questa ultima da conservare nel suo archivio professionale. Una copia finiva nelle mani dell’allevatore, mentre le rimanenti servivano per gli archivi della Asl e della farmacia (ma di solito si tratta di un grossista di farmaci veterinari). Dopo tanto carteggiare, finalmente si poteva entrare in possesso del farmaco e curare l’animale. Questo in linea di massima, per casi particolari le cose sono assai più complicate. Tutto tracciabile, certo, ma con un grande dispendio di tempo e di lavoro.

Con la ricetta elettronica non si introducono nuovi obblighi per la prescrizione medico-veterinaria, ma tutto diventerà più semplice e veloce, riducendo errori e confusione. Merito della legge 167 del 20 novembre 2017, che dal prossimo primo settembre obbliga i veterinari a scrivere la ricetta in formato digitale per inviarla per via telematica alla Banca Dati del Ministero della Salute. Potranno essere utilizzati indifferentemente computer, smartphone o tablet, purché connessi a Internet.

A conferma dell’invio (e delle verifiche), si riceverà un pin, un numero identificativo univoco con il quale trasmettere l’ordine alla farmacia (o grossista) per ottenere i farmaci richiesti. La ricetta elettronica oltre al nome del farmaco conterrà tutte le indicazioni relative all’azienda zootecnica e agli animali ai quali è destinato. Regole analoghe valgono per i farmaci somministrati per via alimentare (mangimi medicati) e per le scorte aziendali.

Il meccanismo prevede poi tutte le variabili possibili di impiego del farmaco, ma già da questa descrizione sommaria è intuibile come si renda facile e immediato controllare il corretto impiego e dosaggio dei medicinali, la verifica puntuale della filiera del farmaco stesso, il rispetto dei tempi di sospensione e di scadenza, che con la ricetta elettronica sono appunto facilitati.

Non più dubbi, ad esempio, sul reale impiego di antibiotici o incertezze sulle quantità utilizzate negli animali da affezione piuttosto che in quelli da reddito, fondamentale per intervenire a ragion veduta nella lotta all’antibiotico-resistenza. Poi in presenza di residui indesiderati si potrà individuare chi e quando non ha rispettato le norme. Infine la ricetta elettronica potrà dare uno straordinario aiuto nel “mappare” lo stato di salute degli allevamenti.

Ma sarebbe inutile conoscere ogni cosa di un farmaco se poi non fosse possibile risalire con precisione all’allevamento al quale è destinato e all’animale da curare. Problema risolto dall’anagrafe zootecnica e dalla banca dati nazionale gestita dall’Istituto zooprofilattico dell’Abruzzo e Molise, dove confluiscono le informazioni degli allevamenti italiani. Non occorre spendere molte parole per sottolineare la complessità di questo lavoro.

Compito oggi ottimizzato con l’introduzione del “veterinario aziendale”, una nuova figura professionale di recente introduzione (decreto del 7/12/2017, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 5/2/2018), alla quale l’allevatore affida molti compiti, fra i quali la responsabilità di aggiornare puntualmente la banca dati nazionale con ogni dettaglio dell’allevamento: animali presenti, in uscita perché a fine ciclo o in entrata per iniziarne uno nuovo o per completare il patrimonio animale dell’azienda.

È un aggravio degli impegni che si chiedono agli imprenditori zootecnici, che già devono sottostare a una infinita serie di controlli e verifiche sanitarie e non. Al contempo una conferma delle garanzie di salubrità e qualità della carne e degli altri prodotti animali che escono dalle nostre stalle. Un impegno che gli allevatori accolgono di buon grado e che si spera i consumatori sappiano apprezzare.

Angelo Gamberini

Giornalista professionista, laureato in medicina veterinaria, già direttore responsabile di riviste dedicate alla zootecnia e redattore capo di periodici del settore agricolo, ha ricoperto incarichi di coordinamento in imprese editoriali. Autore di libri sull’allevamento degli animali, è impegnato nella divulgazione di temi tecnici, politici ed economici di interesse per il settore zootecnico.

Giornalista professionista, laureato in medicina veterinaria, già direttore responsabile di riviste dedicate alla zootecnia e redattore capo di periodici del settore agricolo, ha ricoperto incarichi di coordinamento in imprese editoriali. Autore di libri sull'allevamento degli animali, è impegnato nella divulgazione di temi tecnici, politici ed economici di interesse per il settore zootecnico.