Gli impatti dell’agricoltura
Zootecnia e agricoltura sono strettamente collegate, ma quali sono gli impatti di quest’ultima? Uso dei concimi, irrigazione e lavorazione dei terreni, uso di agrofarmaci: nella maggior parte dei casi la fase agricola è quella in cui si riscontrano gli impatti maggiori di tutta la catena di produzione del cibo.
I concimi sono sostanze che forniscono al terreno azoto, fosforo e potassio, i nutrienti necessari alla crescita delle piante: sono però anche una delle prime fonti di impatto ambientale della produzione agricola, sia per le modalità di utilizzo che per i processi di produzione, soprattutto per quanto riguarda quelli di sintesi.
Tra tutti, gli impatti maggiori provengono dall’azoto, per la generazione di protossido che incide notevolmente sull’effetto serra. Inoltre, quando il fertilizzante viene fornito in eccesso, i residui non consumati dalle piante possono raggiungere i corsi d’acqua superficiali, o le prime falde sotterranee, comportando un anomalo innalzamento della concentrazione di azoto che favorisce una esagerata crescita di flora: il cosiddetto fenomeno dell’eutrofizzazione.
I fertilizzanti naturali, molto utilizzati nell’agricoltura biologica, possono portare a una riduzione degli impatti, soprattutto per il minore carico nella fase di produzione, ma gli effetti una volta posti sul campo sono gli stessi: anzi, in alcuni casi l’utilizzo dei concimi naturali (ad esempio il letame) rende difficili tecniche colturali “evolute”, che puntano alla riduzione degli impatti grazie all’utilizzo di tecniche e tecnologie innovative.
Oltre che di nutrienti, le piante hanno bisogno di essere difese dalle malattie, dagli insetti e dalle piante infestanti. Queste hanno infatti un risvolto negativo sia per la salute della pianta stessa, e quindi sulle rese di produzione, che per l’eventuale sicurezza alimentare nel caso in cui la pianta o i suoi prodotti siano utilizzati nella produzione di cibo.
La difesa può essere fatta somministrando alle piante (in modo curativo o preventivo) le sostanze chimiche (o naturali, se disponibili) nelle varie fasi della crescita, ma anche attraverso una gestione “intelligente” dei campi: per esempio l’infezione da fusarium, una delle malattie del frumento, è più frequente quando nello stesso terreno si è precedentemente coltivato il mais.
Se nella pianificazione degli avvicendamenti colturali l’agricoltore tiene conto di questa informazione, può ridurre l’utilizzo delle sostanze chimiche e di conseguenza ridurre i costi per l’esercizio.
Ci sono poi le scelte operative, che necessitano di una decisione in tempi molto brevi basata anche su situazioni contingenti: il meteo, i rischi di infezione ecc. E siccome possono avere impatti ambientali ed economici importanti, queste scelte richiedono sempre più strumenti e informazioni di cui spesso l’agricoltore “tradizionale” non dispone.
Per questa ragione, si vanno diffondendo sistemi di supporto alle decisioni (DSS, Decision Support Systems) che raccolgono, organizzano, interpretano e integrano in modo automatico le informazioni necessarie per decidere le azioni più appropriate a dare risposta alle più diverse esigenze colturali, siano esse strategiche a lungo termine oppure decisioni operative da prendere in tempi rapidi.
Redazione Carni Sostenibili