Salumi, un volano per il rilancio economico?
In Italia, a livello economico, a fronte di un valore “agricolo” della vendita dei suini pari a circa 2,5 miliardi di euro, i salumi realizzano un valore alla produzione superiore a 7,5 miliardi di euro, mentre il fatturato delle carni suine fresche (sempre alla produzione) è di oltre 2 miliardi di euro. In termini occupazionali, si contano circa 12.000 addetti a livello agricolo, più gli oltre 32.000 nelle fasi di trasformazione.
Questi numeri sono dovuti alla rilevanza della produzione di salumi che, nel corso del tempo, è notevolmente aumentata anche grazie al fatto che la gamma offerta dall’industria italiana si è notevolmente ampliata. Dal 1985 ad oggi, infatti, la produzione è passata da 0,9 a circa 1,2 milioni di tonnellate, con un incremento del 28,7%.
L’andamento della produzione dei salumi è stato storicamente determinato dalla dinamica della domanda interna ma, a partire dalla seconda metà degli anni ‘90, è aumentato anche il peso della componente export.
Dal 1985 al 2013, in particolare, l’offerta di salumi – pur non mutando drasticamente – ha visto alcuni cambiamenti. Nel 2013 i prosciutti crudi stagionati, con 291.300 tonnellate, sono stati i salumi maggiormente prodotti con una quota del 25%, seguiti dai prosciutti cotti con 283.800 t (24%), mortadella e wurstel con 240.700 t (20%), salami con 109.000 t (9%) e dagli altri prodotti con circa 240.600 t (22%).
La domanda estera dei salumi italiani (+3,8% nel 2013) ha stabilito un nuovo importante record in valore: 1,182 miliardi di euro (+5,7%). Guardando alla composizione dell’export, il driver fondamentale sono stati e sono i prosciutti crudi stagionati, che storicamente hanno svolto il ruolo di apripista sulla maggior parte dei mercati di destinazione.
Questi prodotti, in quanto “tipici” e realizzati attraverso lunghe stagionature, sono infatti risultati in grado di superare più agevolmente sia le resistenze commerciali sia i divieti di carattere sanitario esistenti nella maggior parte dei Paesi di destinazione. Negli ultimi 30 anni, comunque, le esportazioni dei salumi italiani hanno compiuto progressi notevoli, passando dalle 30.025 del 1985 alle oltre 143.000 tonnellate del 2013.
A partire dagli anni ‘90, l’accelerazione dei processi di integrazione geopolitica e in particolare la nascita del mercato unico, hanno costituito un importante stimolo per il comparto: dovendo confrontarsi con un mercato più grande e internazionale, le aziende hanno iniziato una crescita culturale e patrimoniale che le ha portate ad allargare ulteriormente i propri orizzonti e a cercare di intercettare la domanda proveniente dai Paesi più ricchi e promettenti.
La carne di maiale e soprattutto i salumi, insomma, hanno rappresentato in questi ultimi anni un importante volano di rilancio per l’economia italiana. E possono essere considerati tali anche per i prossimi anni. In altre prole, questi prodotti possono aiutare il nostro Paese in un momento difficile e nel migliore dei modi: valorizzando le sue eccellenze gastronomiche e, con esse, il suo patrimonio culturale e di antiche tradizioni.