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Imitare la carne? Impossibile: troppe differenze nutrizionali

La carne è un alimento così prezioso che si tenta a tutti i costi di riprodurla, ricreandone degli analoghi attraverso le tecnologie più svariate. Ma imitare in tutto e per tutto la carne non è facile.

La carne è un alimento così prezioso che si tenta a tutti i costi di riprodurla, ricreandone dei surrogati nei modi più svariati. Ma imitare in tutto e per tutto la carne non è facile. Anzi, sembrerebbe proprio impossibile. Lo rivela un nuovo studio che analizza a fondo le differenze molecolari tra la carne vera e i suoi presunti sostituti.

La struttura del muscolo è estremamente complessa in natura, organizzata in livelli gerarchici di fibre, fasci, miofibrille e miofilamenti, circondati da tessuto connettivo su diversi strati, e legati a componenti endogeni responsabili della consistenza unica e del sapore tipico della carne. L’acqua, le sostanze idrosolubili e i nutrienti, i peptidi, gli amminoacidi, i grassi, i minerali, le vitamine, ma anche i nucleotidi, le proteine ematiche, i pigmenti, il complesso actina-miosina, i composti organici responsabili degli aromi, nonché i composti liposolubili depositati nel tessuto adiposo animale, sono incapsulati e compartimentati all’interno di reticoli strutturali finemente articolati.

È proprio questa complessità ad essere cruciale per la consistenza, la masticabilità e il sapore percepiti dal consumatore, conferendo l’esperienza sensoriale unica e la succosità durante la masticazione della carne, che sono impossibili da ricreare tecnologicamente. La difficoltà nel riprodurre fedelmente le proprietà organolettiche della carne è la principale causa che ostacola lo sviluppo nel mercato dei prodotti plant-based, che hanno tutti fallito nel soddisfare pienamente il consumatore, non mantenendo le promesse con cui si erano proposti.

Legumi, cereali, funghi, microalghe e proteine degli insetti: sono loro alla base dei prodotti alternativi che l’ingegneria tenta di trasformare con varie strategie tecnologiche, come gel, emulsioni e aggregati, con l’obbiettivo finale di simulare il muscolo e imitare la carne. Ma a causa di questi grandi ostacoli tecnici, l’obbiettivo è praticamente inarrivabile e tutti gli sforzi (e gli investimenti) fatti sono stati vani. E così, dopo un rapido sviluppo, il mercato delle alternative alla carne oggi è in declino. E l’atteggiamento riluttante dei consumatori nei loro confronti, secondo gli esperti, continuerà anche in futuro.

La difficoltà nel riprodurre fedelmente le #ProprietàOrganolettiche della #carne è la principale causa che ostacola lo sviluppo nel mercato dei prodotti #PlantBased. Condividi il Tweet

Molte persone, dopo averli provati per curiosità, hanno capito che questi prodotti, oltre a non essere buoni come la carne, non le sono equivalenti dal punto di vista nutrizionale, e il loro consumo non è né più salutare, né più sostenibile per l’ambiente. Più del 90% di questi prodotti disponibili sul mercato è composto da proteine vegetali isolate da legumi come soia, fagioli, piselli, lupini o lenticchie, con l’inclusione di proteine dei cereali, come glutine e polisaccaridi per fare da collante e migliorare la consistenza del prodotto.

Al fine di avvicinarsi il più possibile alla carne, i vegetali di base, alghe e micoproteine devono essere trattati con processi industriali molto intensi, come l’estrusione termomeccanica ad alta temperatura, per ottenere una rottura vigorosa della parete cellulare, separare per centrifugazione e isolare le proteine. L’estrazione può avvenire a umido, con solubilizzazione in mezzo acquoso alcalino, come la soda caustica, e precipitazione isoelettrica, oppure con frazionamento a secco, che si avvale di alte temperature, microonde o ultrasuoni.

L’operazione comporta insomma una serie di passaggi, come omogeneizzazione, compressione, riscaldamento, reticolazione molecolare, allineamento e modellatura, e sistemi per avere proprietà gelificanti, emulsionanti e attività di schiumatura. L’obbiettivo è ottenere la capacità di coagulare e avvicinarsi alla struttura delle carni, con aggiunta di additivi, coloranti, addensanti, emulsionanti, sale, aromi e oli vegetali per dare sapore, consistenza e compensare alla secchezza comunemente nota in queste alternative. Si pensa di sfruttare in un prossimo futuro anche le proteine degli insetti, trasformati in polvere per distruggerne la morfologia non apprezzata dal consumatore e incorporati in alimenti come biscotti, prodotti da forno o combinati con proteine vegetali per produrre analoghi della carne.

Al fine di avvicinarsi il più possibile alla #carne, gli ingredienti dei prodotti #PaltBased, alghe e #micoproteine devono essere trattati con #ProcessiIndustriali molto intensi. Condividi il Tweet

Ma lo studio dimostra che, nonostante tutte le iper-lavorazioni, è tecnologicamente impossibile ricreare microstrutturalmente la complessa organizzazione gerarchica del muscolo, i sarcomeri interconnessi, i filamenti di miosina e actina e quindi le succose proprietà organolettiche della carne. Le fibre generate dall’estrusione delle proteine vegetali, degli insetti e delle microalghe sono prive degli allineamenti complessi e ben definiti delle fibre muscolari.

Anche dal punto di vista nutrizionale, le proteine di origine animale della carne forniscono un profilo completo di aminoacidi essenziali per l’uomo, il che non accade per le proteine non muscolari. Le proteine dei legumi sono carenti in metionina, quelle dei cereali sono a basso contenuto di lisina e le alghe mancanti di lisina e triptofano. Inoltre, l’alta temperatura e l’alta pressione dei processi industriali a cui vengono sottoposti, danneggiano e distruggono le proteine e i nutrienti. Ne consegue che questi prodotti vegetali sono carenti di vitamine e di minerali essenziali presenti naturalmente nella carne, come la vitamina B12, creatina, taurina, carnosina, ferro eme, zinco e iodio. Per superare le differenze nutrizionali, i nutrienti vengono incorporati come additivi, ma questo ha sollevato preoccupazioni per la salute, oltre che di sicurezza chimica e microbiologica.

Infatti le temperature di lavorazione ultra-elevate potrebbero favorire la formazione di tossine e l’ossidazione dei grassi, mentre alcuni additivi possono indurre infiammazione. Ciò che emerge chiaramente è che trasformare proteine non muscolari in strutture fibrose che microscopicamente assomiglino al muscolo, comporta una sovra-elaborazione ed un’alterazione che ne compromette il valore nutrizionale e la sicurezza. Sono a tutti gli effetti dei cibi ultra-processati, il cui consumo è legato a patologie cerebrovascolari e cardiovascolari, come infarti, ischemie, ictus, ma anche diabete, obesità, cancro e mortalità precoce.

Anche i prodotti proteici a base di insetti sollevano preoccupazioni per la presenza naturale di tossine bioattive, composti allergenici, antiparassitari pericolosi e metalli pesanti. Mentre per le microalghe i rischi principali sono dovuti agli allergeni e alle micotossine. Che ridurre il consumo di carne faccia bene alla salute non è supportato da dati scientifici, mentre è schiacciante l’evidenza dei suoi benefici nutrizionali e degli svantaggi nel sostituirla con questi artefatti.

Le #proteine di origine animale della #carne forniscono un profilo completo di #AminoacidiEssenziali per l'uomo, il che non accade per le #ProteineVegetali, non muscolari. Condividi il Tweet

Gli autori concludono il loro studio sostenendo che gli scienziati che si cimentano in queste sfide tecnologiche e gli imprenditori che vogliono investire in questo mercato devono essere ben consapevoli che i prodotti a base di carne animale sono unici. Il gusto e l’aroma della carne sono estremamente complessi, e non riescono per questo ad essere rigenerati con successo. Le fonti proteiche alternative, hanno sistemi metabolici che differiscono drasticamente dagli animali, per cui la qualità e gli attributi sensoriali della carne possono essere solo simulati, ma non replicati al 100%. Gli autori suggeriscono dunque di non presentare questi prodotti come analoghi o sostituti della carne, anche per evitare aspettative irrealistiche e la delusione dei consumatori, ma di trattarli come un nuovo gruppo di alimenti. Alimenti industriali iper-processati.

Agronomo e divulgatrice scientifica. Autrice e coautrice di 11 pubblicazioni scientifiche e di numerosi articoli riguardanti l’alimentazione umana e gli impatti della stessa sulla salute e sull’ambiente, nel 2010 ha conseguito il titolo di DoctorEuropaeus e Ph. Doctor in Produzioni Animali, Sanità e Igiene degli Alimenti nei Paesi a Clima Mediterraneo. Cura GenBioAgroNutrition, “un blog a sostegno dell’Agroalimentare Italiano, della Dieta Mediterranea e della Ricerca Biomedica, contro la disinformazione pseudoscientifica”, che aggiorna quotidianamente.