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Cibi “plant-based”: ultra-trasformati e dannosi per la salute 

I sostituti della carne a base vegetale hanno visto un’ascesa meteorica negli ultimi anni. Ma, come tutte le meteore, il loro è stato solo un intenso ma breve passaggio. Ecco perché è una buona notizia.

Dopo un periodo luminoso, alimentato dalla curiosità verso le alternative alla carne vegetali (al marketing piace chiamarle cibi plant-based), l’interesse pubblico nei loro confronti sta scemando, grazie all’aumento della consapevolezza nei consumatori verso le reali proprietà che caratterizzano questi alimenti. Pubblicizzati come il futuro del cibo e in grado di offrire lo stesso gusto, consistenza e valori nutrizionali della carne, dei latticini e di tutti gli altri prodotti di origine animale che si propongono di sostituire, ma con un minor impatto ambientale, nella realtà non mantengono le loro promesse

Già a partire dai complessi processi coinvolti nella loro produzione, i cibi plant-based non possono considerarsi dei cibi “sani”, ma vengono classificati come ”. Dal frazionamento all’isolamento proteico, dalla testurizzazione all’aggiunta di aromi e coloranti, fino alle fasi finali di cottura ad alte temperature e aggiunta di vari additivi, il loro grado di trasformazione è molto elevato, facendo perdere tutte le proprietà positive degli ingredienti vegetali semplici di partenza. Il consumatore ha capito che introdurre questi prodotti nella dieta non vuol dire mangiare più vegetali, né tanto meno eguagliare la carne e i cibi animali, ma sono tutt’altra cosa.

I #cibi #PlantBased non possono considerarsi dei #CibiSani, ma vengono classificati come #alimenti ultra-trasformati. Condividi il Tweet

Nella realtà questi prodotti non sono naturali, né sono commestibili nella loro forma grezza o durante le varie fasi della lavorazione, e sono costituiti da “proteine isolate” che hanno subito numerosi processi di trasformazione. Tra questi troviamo il frazionamento, che separa la fonte vegetale nelle sue parti costituenti. Ad esempio, i semi di soia vengono separati in olio, proteine e fibre, usando una combinazione di calore, pressione e solventi. Si prosegue quindi con l’isolamento proteico, utilizzando un processo chiamato “macinazione a umido”, che comporta la frantumazione del materiale vegetale e quindi la separazione della proteina utilizzando centrifughe o filtri. La proteina viene così essiccata per creare una polvere proteica, che viene poi reidratata e testurizzata per dargli una consistenza simile alla carne. Di solito, questo viene fatto utilizzando un processo chiamato “estrusione ad alta umidità”, riscaldando la proteina e quindi forzandola attraverso una piccola apertura sotto alta pressione. Ciò induce la proteina a riallinearsi in un modo che imita la struttura del tessuto del muscolo.

La proteina texturizzata viene a questo punto aromatizzata e colorata per renderla gustosa e simile alla carne, attraverso l’aggiunta di sapori naturali o artificiali e coloranti, così come altri ingredienti come grassi, sale e zuccheri. Alcune aziende aggiungono anche heme a base vegetale, un composto contenente ferro che conferisce alla carne il suo sapore e colore distintivo. Il passaggio finale è dare al prodotto la forma desiderata, che può essere ad esempio un hamburger o una salsiccia, precuocerlo e confezionarlo per la vendita. Tra i vari additivi che vengono utilizzati durante tutto il processo per migliorare la consistenza, il sapore, il colore e la durata del prodotto troviamo emulsionanti, come la lecitina, stabilizzanti, come la carragenina, conservanti, come il sorbato di potassio, e antiossidanti, come l’acido ascorbico.

Visti quindi i numerosi processi industriali che subiscono questi alimenti e il loro alto grado di trasformazione, diversi studi hanno indagato se il loro consumo fosse salutare. Dalla ricerca emerge chiaramente che il loro consumo non è sano, ma è associato a diverse patologie, come ictus, ischemie, infarti e morte prematura. Sostituire quindi la carne o i latticini con questi prodotti a base vegetale ha più rischi che vantaggi per la salute, con un peggioramento della qualità nutrizionale della dieta. 

Cibi #PlantBased: il loro grado di #TrasformazioneIndustriale è molto elevato, facendo perdere tutte le proprietà positive degli ingredienti #vegetali semplici di partenza. Condividi il Tweet

Anche per quanto riguarda la loro presunta maggior sostenibilità ambientale, le alternative vegetali hanno nettamente fallito nel dimostrarla. Infatti, ad oggi non esiste alcuna prova in relazione al minor impatto ambientale dell’intero ciclo di vita di questi prodotti, che anzi al contrario, essendo soggetti a processi di produzione assai complessi, possono avere un impatto ambientale perfino maggiore di quello della carne tradizionale.

Inoltre, secondo diverse analisi, la loro presenza sulle tavole impatterebbe negativamente anche sullo sfruttamento del suolo, sulla sicurezza alimentare, sulle economie locali e sulle tradizioni culinarie casalinghe genuine, aumentando la dipendenza da cibi industriali malsani già pronti. Non si vede dunque alcun vantaggio con il diffondersi di questi prodotti, e il consumatore pare lo abbia capito molto bene.

 

Agronomo e divulgatrice scientifica. Autrice e coautrice di 11 pubblicazioni scientifiche e di numerosi articoli riguardanti l’alimentazione umana e gli impatti della stessa sulla salute e sull’ambiente, nel 2010 ha conseguito il titolo di DoctorEuropaeus e Ph. Doctor in Produzioni Animali, Sanità e Igiene degli Alimenti nei Paesi a Clima Mediterraneo. Cura GenBioAgroNutrition, “un blog a sostegno dell’Agroalimentare Italiano, della Dieta Mediterranea e della Ricerca Biomedica, contro la disinformazione pseudoscientifica”, che aggiorna quotidianamente.