Cibi plant-based: un fallimento anche per la sostenibilità
Secondo l’analista Julian Mellentin, “I sostituti vegetali della carne non sono riusciti a dimostrare la loro sostenibilità”.
I sostituti vegetali della carne sono uno dei maggiori fallimenti nella storia dell’industria alimentare. È quanto sostiene Julian Mellentin, esperto del settore e autore di “Failures – and what you can learn from them” (Fallimenti – e ciò che si può imparare da essi) che abbiamo intervistato qualche tempo fa. Questi prodotti non hanno conquistato la maggioranza dei consumatori, ci ha spiegato Mellentin. Ma la domanda, ora, sorge spontanea: questi prodotti hanno fallito solo nel gusto e nelle vendite, o anche per quanto riguarda l’aspetto ambientale? In altre parole, esistono prove che questi prodotti vegetali siano davvero più sostenibili della carne?
“Questi prodotti non sono riusciti a dimostrare la loro sostenibilità“, spiega Mellentin: “La più grande catena di supermercati del Regno Unito, Tesco, ad esempio, ha fatto affermazioni ambientali infondate per i suoi sostituti della carne a base vegetale, perché non possedeva alcuna prova sulla sostenibilità dell’intero ciclo di vita dei prodotti vegetali della gamma Plant Chef. L’autorità di regolamentazione della pubblicità britannica ha di conseguenza vietato sei pubblicità per i prodotti a base vegetale di Tesco, in quanto le affermazioni riguardo ai loro benefici positivi per il pianeta non erano state scientificamente comprovate e quindi fuorvianti per i consumatori”.
La Advertising Standards Authority (ASA) si aspettava infatti di vedere le prove a sostegno di quanto dichiarato e cioè che il passaggio ai prodotti vegetali della gamma Plant Chef al posto della carne avrebbe influenzato positivamente l’ambiente, basandosi sull’intero ciclo di vita del veg burger Plant Chef rispetto a un hamburger di vera carne. “In realtà, Tesco non possedeva alcuna prova in relazione all’intero ciclo di vita di nessuno dei veg burger presenti – aggiunge l’analista inglese – E nella sua relazione ASA ha osservato che alcuni prodotti a base vegetale contengono una combinazione di ingredienti che vengono soggetti a processi di produzione complessi, con un conseguente impatto ambientale negativo simile o anche maggiore di quello della carne tradizionale”.
I sostituti #PlantBased della #carne, spiega l'analista @JulianMellentin, non sono riusciti a dimostrare benefici positivi per l'#Ambiente in modo scientificamente comprovato. Condividi il TweetMa sul loro sito Web i giganti dei sostituti vegetali della carne come Beyond Meat e Impossible Foods affermano che i consumatori che passano dalle proteine animali a quelle vegetali possono “influenzare positivamente il pianeta, l’ambiente, il clima e persino noi stessi”, e che il passaggio alle carni a base vegetale “può essere addirittura meglio dei pannelli solari, del guidare un’auto elettrica o evitare cannucce di plastica”, riducendo significativamente l’impatto ambientale.
“La verità è che tutti hanno una filiera e una catena di approvvigionamento, e c’è un’impronta di carbonio dietro quella catena. Ma né Beyond Meat né Impossible Foods rivelano la quantità totale di emissioni di gas serra in tutte le operazioni, nelle catene di approvvigionamento, nei rifiuti o negli sprechi di consumo”, sottolinea Mellentin: “Inoltre, non rivelano gli effetti di tutte le loro operazioni sulle foreste o quanta acqua usano”.
Quindi, anche se la narrazione dominante dell’industria vegetale e dei finanziatori che la sostengono è che queste aziende sono migliori per l’ambiente e per la salute, in realtà secondo Mellentin è davvero una “scatola nera”, perché non viene fatto sapere cosa c’è davvero in questi prodotti e come vengono creati. “Una società di monitoraggio degli investitori ha dato a Beyond Meat uno zero quando si tratta di valutare la sostenibilità. Per non parlare della lunga lista di 21 ingredienti, tra cui la soia come componente chiave e coinvolta nella deforestazione, oppure l’olio di cocco o vegetali provenienti dall’altra parte del mondo.”