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Calano le vendite di veg-burger: la bolla plant-based sta già scoppiando?

Dopo il grande clamore iniziale, le vendite di carne finta a base vegetale e di veg burger sono diminuite clamorosamente.

Sembrava dovessimo mangiare tutti finti burger vegetali di qui a pochi anni. E invece le vendite di questi surrogati iper-processati della carne, sia durante la pandemia dovuta al Covid-19 che dopo, sono crollate. Ci si interroga sui motivi che abbiano spinto i consumatori a fare dietrofront, prendendo le distanze da quelle che sembravano essere le promesse del marketing di un’alternativa più etica, più salutare e più sostenibile. A quanto pare i consumatori hanno capito che non è così.

“Abbiamo visto una grande decelerazione”, risponde Chris DuBois, vice Presidente Senior dell’IRI’s Protein Practice. “Le carni a base vegetale non rappresentano il 25% o il 50% del mercato… Nonostante tanto rumore, costituiscono appena l’1,5% delle vendite di carne. Una percentuale davvero irrisoria”. I motivi di questo calo delle vendite, secondo DuBois, sono da ritrovarsi nel fatto che i prodotti hanno deluso le aspettative dei consumatori, non soddisfacendo la loro percezione di “pulito”, né quella di trovarsi di fronte ad un’alternativa che fosse davvero più sostenibile dei prodotti convenzionali a base di carne. Infatti le aziende non hanno mai dimostrato che i loro prodotti vegetali abbiano realmente un minor impatto ambientale, anzi sembra essere il contrario, crescendo nei consumatori la consapevolezza che forse il gioco non vale la candela.

Le vendite dei #VegBurger, surrogati iperprocessati della #carne, sia durante la #pandemia dovuta al #Covid19 che dopo sono crollate. Condividi il Tweet

“Negli ultimi sei mesi c’è stata inaspettatamente una rapida decelerazione dei tassi di crescita delle proteine a base vegetale,” commenta anche Michael H. McCain, Presidente e Amministratore Delegato di Maple Leaf Foods, durante una conferenza insieme agli analisti dei titoli. La Maple Leaf Foods gestisce il suo business di proteine vegetali attraverso Greenleaf Foods di Chicago, con due marchi primari, Field Roast e Lightlife. Tra i diversi prodotti a base vegetale troviamo formaggio, tempeh e prodotti di finta carne come hot dog, salsicce, arrosti, affettati e hamburger. Durante il terzo trimestre del 2021, le vendite di Greenleaf sono scese da 41,3 milioni a 38,5 milioni di dollari durante lo stesso periodo dell’anno precedente.

“Per essere chiari, non possiamo scartare l’ipotesi che una discreta colpa di questa discesa sia dovuta anche alla pandemia da COVID”, continua McCain: “Tuttavia, non è solo questo, e stiamo cercando di capire con il consumatore cosa è cambiato, cosa c’è che non va e perché.” Anche Beyond Meat ha sofferto questo rallentamento, perdendo la sua posizione come leader del terzo trimestre, che lo vedeva tra i 120 ai 140 milioni di dollari di vendite, riportando 106 milioni di dollari di ricavi durante quel periodo.

Troppi #IngredientiArtificiali nei #BurgerVegani. E in un #hamburger tradizionale? Solo #carne! Non come nei #ProdottiIndustriali #PlantBased. Condividi il Tweet

Ethan Brown, Presidente e Amministratore Delegato, ha elencato alcuni motivi di questo declino: “I consumatori sono meno aperti alla sperimentazione di nuovi prodotti e hanno mostrato meno interesse verso le opzioni sane. Anche la maggior concorrenza ha avuto un certo impatto sulla nostra quota di mercato negli ultimi due anni, come pure la limitata esposizione dei consumatori ai nostri marchi, il ritardo nella risistemazione degli scaffali e la presenza meno frequente nei negozi dovuti al COVID”.

“Ci sono un sacco di oli diversi e di ingredienti complicati nei sostituti della carne“, aggiunge Chris DuBois: “Quando si guarda la lista degli ingredienti di un hamburger tradizionale di McDonald’s, come ad esempio un Big Mac, è molto più semplice da leggere rispetto a quelle dei prodotti a base vegetale. Anche la sostenibilità può essere un problema. Queste carni vegetali sono circondate da una bella aureola di sostenibilità, ma devo ancora vedere un’impronta di carbonio riportata su un pacchetto. Non posso dirvi quindi se è vero che siano più sostenibili. Io, personalmente, non l’ho ancora visto misurare”.

L’impatto negativo sulla #salute dei #ProdottiIperprocessati #Plantbased e la loro impossibilità di sostituire dal punto di vista #nutrizionale la #carne, rende molto difficile continuare a convincere #ConsumatoriConsapevoli. Condividi il Tweet

Se consideriamo anche l’impatto negativo sulla salute di questi prodotti iper-processati e la loro impossibilità di sostituire dal punto di vista nutrizionale la carne, sarà molto difficile continuare a convincere e a conquistare una vasta platea di consumatori, sempre più informati e consapevoli. Secondo DuBois il massimale per le vendite di questi prodotti vegetali alternativi alla carne è al 2%, con le vendite al dettaglio: “Se viene semplificata la lista degli ingredienti può aumentare di uno o due punti percentuali al massimo. Saranno prodotti di nicchia ancora per molto tempo e non tutti i marchi sopravvivranno”, conclude DuBois.

Agronomo e divulgatrice scientifica. Autrice e coautrice di 11 pubblicazioni scientifiche e di numerosi articoli riguardanti l’alimentazione umana e gli impatti della stessa sulla salute e sull’ambiente, nel 2010 ha conseguito il titolo di DoctorEuropaeus e Ph. Doctor in Produzioni Animali, Sanità e Igiene degli Alimenti nei Paesi a Clima Mediterraneo. Cura GenBioAgroNutrition, “un blog a sostegno dell’Agroalimentare Italiano, della Dieta Mediterranea e della Ricerca Biomedica, contro la disinformazione pseudoscientifica”, che aggiorna quotidianamente.