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Forti riduzioni di metano dalla mangimistica

Ceppi selezionati di probiotici aggiunti ai mangimi ridurrebbero di oltre il 60% il metano prodotto dall’attività dei ruminanti. Un’ottima notizia per le mitigazioni delle emissioni di gas climalteranti.

Viva la ricerca scientifica. Nel campo zootecnico sembra si sia vicini alla svolta: sono stati individuati degli additivi probiotici per mangimi animali, capaci di ridurre di oltre la metà il metano emesso dai bovini, che poi si riversa in atmosfera.

Stando ai dati preliminari dei test condotti in vitro, è stato messo a punto un additivo probiotico, composto da una combinazione di tre gruppi di batteri accuratamente selezionati, che aggiunto al mangime indurrebbe una riduzione del 68% di metano, mentre un altro additivo probiotico, composto da un solo ceppo di microrganismi batterici, indurrebbe una riduzione del 78%. Entrambi sono costituiti da ceppi probiotici non Ogm, che, oltre a ridurre le emissioni inquinati, nei bovini da latte farebbero aumentare in modo naturale la produzione di latte.

Ceppi selezionati di #probiotici aggiunti ai #mangimi ridurrebbero di oltre il 60% il #metano prodotto dai #ruminanti. Ottima notizia per le mitigazioni delle #emissioni di #GasSerra. Condividi il Tweet

A capo della scoperta innovativa c’è un’azienda attiva nella fornitura di prodotti biotecnologici a basso impatto ambientale, che di recente ha investito nello sviluppo di additivi mangimistici per ridurre la quantità di gas metano in atmosfera causato dai ruminanti. Si chiama Locus Agricultural Solutions e dopo aver individuato vari mix di ceppi probiotici mangimistici capaci di contrastare lo sviluppo del metano legato ai bovini, li sta facendo testare in laboratorio dall’Università della California, Davis, con prove sul campo fissate per l’inizio del prossimo anno. Se quest’ultime confermassero i risultati delle prove in vitro sarebbe una svolta concreta al contrasto delle emissioni di metano.

Il metano è rilasciato dai ruminanti sia attraverso l’espulsione, o eruttazione, necessaria per eliminare i gas che per natura si formano in quantità rilevanti durante le fermentazioni batteriche coinvolte nel processo di digestione animale, sia attraverso le emissioni di metano e protossido di azoto rilasciati durante il processo di fermentazione delle loro deiezioni.

Non a caso da tempo si studia come agire sull’alimentazione degli animali per ridurre il metano. La novità è che questa volta sembra si sia giunti a percentuali capaci di fare la differenza, se questi mangimi addizionati con probiotici ad hoc fossero usati per gli allevamenti di tutto il mondo.

In gergo tecnico si parla di microbici diretti nel mangime (DFM) – probiotici – in sostanza microrganismi vivi che, se somministrati in quantità adeguate (altrimenti si rischia di alterare fatalmente il pH e quindi di provocare acidosi negli animali), hanno benefici per la salute dell’animale. Nel caso specifico, i ceppi selezionati mitigherebbero le emissioni di gas climalteranti dei ruminanti, stimolerebbero una maggior produzione di latte e migliorerebbero il microbioma intestinale. Come? Agendo attraverso l’inibizione competitiva nel prestomaco delle vacche i metanogeni (i microrganismi che producono metano) sono sopraffatti dai batteri dei probiotici.

Da tempo si studia come agire sull’alimentazione degli #animali per ridurre il #metano. Questa volta sembra si sia giunti a percentuali capaci di fare la differenza. Condividi il Tweet

Gli obiettivi di commercializzazione e quindi di diffusione di questi ritrovati alimentari sembrano in teoria praticabili. In primis, si stanno facendo test sui dosaggi per individuare le quantità più efficaci da addizionare ai mangimi; in secondo luogo, il prezzo è competitivo, quindi non ci saranno problematiche legate al costo; la loro sicurezza è garantita dall’Associazione AAFCO, che sviluppa norme e regolamenti per la produzione, la distribuzione e la vendita di alimenti per animali; infine, gli additivi microbiotici sono molto stabili e potranno essere somministrati pellettati o in polvere secca da aggiungere all’acqua potabile oppure ai mangimi.

Non resta che attenere i dati delle prove sul campo, considerando che quelli preliminari dei test condotti in laboratorio fino a oggi lasciano ben sperare.

Giornalista ed eco blogger, da sempre si occupa di temi legati alla sostenibilità ambientale e al food. Scrive per testate giornalistiche sia cartacee sia online e per blog aziendali. È laureata in Sociologia, con indirizzo Territorio e ambiente, all'università La Sapienza di Roma.