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Lotta al Covid-19: un aiuto dagli animali?

A sconfiggere il coronavirus ci potranno aiutare gli animali? Evidenze scientifiche della possibilità di ottenere dagli animali un aiuto per sconfiggere il Covid-19 sono ancora allo studio, ma quanto già verificato apre a ipotesi affascinanti.

Ci sono virus e batteri che nell’uomo, come pure negli animali, non causano patologie evidenti, al massimo qualche modesto sintomo o nulla del tutto. Eppure sono in grado di conferire resistenza nei confronti di altre malattie, anche gravi e con elevata mortalità. È un fenomeno noto da tempo, conosciuto con il nome di immunità crociata.

In campo veterinario uno degli esempi più conosciuti è quello della mixomatosi dei conigli, malattia grave, speso mortale, combattuta un secolo fa utilizzando il virus del Fibroma di Shope, dannoso per la lepre, innocuo per il coniglio.

Il termine #vaccino deriva da “#vacca” e a fare questa scoperta che ha sconfitto il #vaiolo fu Edward #Jenner, più di due secoli fa. Condividi il Tweet

Emblematico e forse più noto il caso del vaiolo, grave malattia che ha accompagnato l’uomo per millenni. Malattia sconfitta grazie ai bovini, dove esiste un virus assai simile a quello del vaiolo umano.  A partire da quello dei bovini, che nell’uomo arreca solo danni modesti, sono stati realizzati i primi vaccini. Nome non casuale, che deriva appunto da “vacca” e a fare questa scoperta fu l’inglese Edward Jenner, più di due secoli fa. In quell’epoca il vaiolo faceva strage di persone; ogni anno nella sola Inghilterra si contavano almeno 40mila decessi. In Italia, nel 1768, si verificarono nel napoletano 60mila decessi nel volgere di poche settimane.

Esiste un’immunità crociata per il Sars Cov-2? Potremo avere vaccini eterologhi che ci proteggano dal Covid-19? Presto per dirlo. Di questo virus si conosce ancora troppo poco, ma c’è chi ha ravvisato qualche possibilità ed è andato a guardare cosa accade nel mondo animale. L’approccio di questi studi rientra nel concetto “One Health, che potremmo tradurre in “salute condivisa o unica”. Perché, non va dimenticato, salute dell’uomo e degli animali sono in stretto contatto. Proteggere l’uno significa proteggere anche l’altro e viceversa.

I #ricercatori di tre di Università italiane hanno confrontato la somiglianza fra la #ProteinaSpike del #SarsCov2 e le analoghe dei #coronavirus di alcuni #AnimaliDomestici. Condividi il Tweet

L’attenzione dei ricercatori si è così soffermata sulle caratteristiche di alcuni coronavirus che si trovano con relativa frequenza negli animali domestici. E hanno scoperto molte somiglianze nella proteina Spike del Sars Cov-2 dell’uomo con quella di un altro coronavirus che si incontra nel cane e in altri animali. La proteina Spike, è bene ricordarlo, è il “grimaldello” che il virus utilizza per penetrare nella cellula da infettare e da lì iniziare a replicarsi. Partendo da queste constatazioni i ricercatori di tre di Università italiane (Roma, Catanzaro e Milano) hanno messo insieme le forze per confrontare la somiglianza fra la proteina Spike del Sars Cov-2 e le analoghe dei coronavirus di alcuni animali domestici.

Nel caso del cane questa somiglianza è di circa il 37%. Somiglianze più strette, anche del 90%, si riscontrano per gli epitopi, le entità molecolari più piccole capaci di essere riconosciute dal sistema immunitario, primo passo per attivare le difese dell’organismo. Si è così scoperto che l’epitopo del Sars Cov-2 ha molti caratteri in comune con gli epitopi del coronavirus respiratorio canino.

#EvidenzeScientifiche della possibilità di ottenere dagli #animali un aiuto per sconfiggere il #Covid19 sono ancora allo studio, ma quanto già verificato apre a ipotesi affascinanti. Condividi il Tweet

Evidenze scientifiche della possibilità di ottenere dagli animali un aiuto per sconfiggere il Covid-19 sono ancora allo studio, ma quanto già verificato apre a ipotesi affascinanti. Altre ricerche sono necessarie, ma non si può escludere che quanti hanno una assidua frequentazione con gli animali possano acquisire una qualche forma di immunità che li metta al riparo dal Sars Cov-2 o perlomeno limiti il Covid-19 a una forma paucisintomatica, dunque blanda e non letale.

Dovrebbero allora ricredersi i “nemici” degli allevamenti (come definirli altrimenti?), pronti a puntare il dito su stalle, carne e latte a ogni occasione. È accaduto ancora una volta, tentando un’inverosimile connessione fra Sars Cov-2 e zootecnia. Semmai è l’uomo, con il suo illogico rapporto con la natura, a creare danni. Pipistrelli e pangolini, o qualunque altro animale sia portatore del Sars Cov-2, sarebbe rimasto volentieri nella sua foresta pluviale, incurante di un virus che non gli arreca alcun danno. E il mondo ora non sarebbe alle prese con una temibile pandemia. Dalla quale un giorno, forse, ci salveranno gli animali. Come già è accaduto con il vaiolo.

Giornalista professionista, laureato in medicina veterinaria, già direttore responsabile di riviste dedicate alla zootecnia e redattore capo di periodici del settore agricolo, ha ricoperto incarichi di coordinamento in imprese editoriali. Autore di libri sull'allevamento degli animali, è impegnato nella divulgazione di temi tecnici, politici ed economici di interesse per il settore zootecnico.