TOP

Efsa: carni e prodotti animali sempre più sicuri

Ormoni, antibiotici, sostanze indesiderate: le loro tracce nei prodotti di origine animale sono praticamente nulle. Lo rivelano le ultime analisi Efsa, che confermano come la situazione migliori di anno in anno. Ciononostante fake news ed errate convinzioni sull’argomento non sembrano diminuire.

La carne, il latte e le uova che arrivano sulle nostre tavole sono sempre più sicuri. Lo confermano le analisi che Efsa, l’ente europeo per la sicurezza alimentare, realizza ogni anno su migliaia di campioni di prodotti di origine animale. I dati più recenti, riferiti al 2018, confermano che appena lo 0,3% degli oltre 650mila campioni esaminati presenta valori fuori norma.

La #carne, il #latte e le #uova che arrivano sulle nostre tavole sono sempre più #sicuri: solo lo 0,3% degli oltre 650mila campioni esaminati da #Efsa presenta valori fuori norma. Condividi il Tweet

Gli stessi numeri, visti da un’altra angolazione, dicono che il 99,7% dei campioni, quasi la totalità dunque, è perfettamente in regola. Numeri persino migliori di quelli registrati negli anni precedenti, con una costante diminuzione dei casi “non conformi”, come vengono definiti quelli nei quali si riscontrano residui eccedenti i limiti previsti dalle normative. Se poi si entra nel dettaglio, si scopre che in numerosi casi la presenza di sostanze indesiderate non origina da comportamenti scorretti da parte di chi alleva, ma da contaminazioni di origine ambientale.

Si scopre che in numerosi casi la presenza di sostanze indesiderate in #carni, #latte e #uova non origina da comportamenti scorretti da parte di chi alleva, ma da #contaminazioni di origine ambientale. Condividi il Tweet

Ma andiamo con ordine, partendo dagli antibiotici, farmaci sui quali è puntata l’attenzione per il moltiplicarsi di fenomeni di antibiotico-resistenza da parte di alcuni batteri. È diffusa convinzione, per quanto errata, che all’origine di questo fenomeno ci sia un uso improprio in campo veterinario. I sostenitori di questa tesi si appellano a talune statistiche che hanno però il limite di non distinguere fra animali da reddito e da affezione e che non tengono conto dei farmaci esportati. Con l’avvento della ricetta elettronica veterinaria si potranno finalmente avere dati puntuali.

Nel frattempo, i risultati raccolti da Efsa dicono che la presenza di residui di antibiotici si è registrata su appena lo 0,17% dei campioni esaminati. Percentuale che sarebbe ancora più bassa senza la presenza del miele, dove si ha un picco di positività dello 0,82%. Una conferma indiretta dell’impegno di allevatori e medici veterinari nel ridurre il ricorso a questa categoria di farmaci. Il compito di contrastare i batteri è sostituito sempre più da efficaci misure di biosicurezza, da uno strategico ricorso ai presidi vaccinali e dall’utilizzo di “armi” antimicrobiche alternative. E i risultati ci sono, tanto che l’impiego di antibiotici negli ultimi sei anni si è ridotto del 30%.

I risultati #Efsa dicono che la presenza di residui di #antibiotici si è registrata su appena lo 0,17% dei campioni esaminati. E che l'uso di questi #farmaci negli ultimi sei anni si è ridotto del 30%. Condividi il Tweet

Sotto la lente di Efsa sono finiti poi gli ormoni. In questo caso il numero di campioni non in regola si è fermato al modesto 0,25%. Nel commentare gli esiti di queste analisi, i ricercatori hanno anche tenuto a precisare che la presenza di questi residui poteva originare non da comportamenti illeciti, ma da situazioni fisiologiche degli animali (ad esempio per la presenza di steroidi endogeni), come pure per la presenza negli alimenti di alcuni funghi del genere fusarium o di essenze vegetali in grado con i loro metaboliti di rilasciare residui indesiderati. È il caso dei vegetali della famiglia delle crucifere, cui appartengono cavoli e verze o la colza, nota foraggera.

Non stupisce che di ormoni non vi sia praticamente traccia, visto che il loro impiego, almeno in Europa, è vietato da sempre, contrariamente a quanto avviene in altri Paesi come ad esempio gli Usa. Vi sono tuttavia altre molecole in grado di stimolare la crescita e il cui uso è ammesso, ma solo per motivi terapeutici. In questo novero rientrano i beta-agonisti, anch’essi presi in esame dalle analisi di Efsa. Anche in questo caso i risultati testimoniano la correttezza dell’operato degli allevatori, visto che i risultati “non conformi” si fermano allo 0,01% dei campioni sospetti. In altre parole il 99,99% della carne non ne presenta tracce.

Sotto la lente #Efsa sono finiti anche gli #ormoni. Il numero di campioni non in regola si è fermato al modesto 0,25%. Condividi il Tweet

La ricerca di sostanze indesiderate o illecite nei prodotti di origine animale si è allargata a molte altre molecole, sia farmacologicamente attive, sia metaboliti delle stesse: dagli agenti antitiroidei agli steroidi, sino ai lattoni dell’acido resorcilico, preso in esame per le sue proprietà estrogeniche e dunque assimilabile al gruppo degli ormoni. Poi il grande capitolo degli antinfiammatori cortisonici, il cui impiego, come per molti altri farmaci, prevede adeguati tempi di sospensione. Anche per loro le analisi hanno confermato la sicurezza dei prodotti che escono da stalle e pollai. Quei pochissimi casi ove ciò non avviene diminuiscono anno dopo anno. E i controlli evitano che anche quei pochi possano giungere sulle nostre tavole.

Eppure è convinzione diffusa che gli animali siano “imbottiti” di farmaci. Una fandonia, una fake news, per dirla con un anglicismo alla moda, che si sente troppo spesso ripetere. È allora il momento di cambiare opinione su carne e allevamenti.

 

 

Giornalista professionista, laureato in medicina veterinaria, già direttore responsabile di riviste dedicate alla zootecnia e redattore capo di periodici del settore agricolo, ha ricoperto incarichi di coordinamento in imprese editoriali. Autore di libri sull'allevamento degli animali, è impegnato nella divulgazione di temi tecnici, politici ed economici di interesse per il settore zootecnico.