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Sostenibilità: una caratteristica della zootecnia

Riceviamo dal Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari e pubblichiamo molto volentieri il report del gruppo di studenti che si è aggiudicato la competizione finale del Corso Carni Sostenibili. I nostri complimenti agli studenti A. Pisanu, R. Cresci, S. Carta, A. Cualbu.

Quando parliamo di sostenibilità degli allevamenti zootecnici l’attenzione è, generalmente, rivolta all’impatto ambientale e alle strategie di sostenibilità ambientale delle filiere produttive. Prima di focalizzarci anche noi su questo aspetto, però, non possiamo che fare delle considerazioni più ampie che interessano anche gli aspetti economici e sociali.

Se osserviamo l’aspetto economico, è noto che ogni allevamento zootecnico è un’impresa privata che ha come obiettivo la produzione di derrate alimentari, ciò che spesso in tanti dimenticano è che lo scopo primario di questa impresa è quello di produrre reddito che deve essere ripartito tra tutti gli impiegati in allevamento. Perciò, la prima domanda da porci, ipotizzando la chiusura di tutti gli allevamenti, sarebbe: come potrei reimpiegare questo personale?

Un ipotetico blocco delle produzioni zootecniche comporterebbe la perdita del lavoro anche per le persone impiegate nell’indotto che si occupano della raccolta, trasformazione e distribuzione degli alimenti di origine animale, con una conseguente ricaduta disastrosa di tipo socioeconomico.

Un altro aspetto molto spesso sottovaluto dai non addetti al settore è il ruolo svolto nel mantenimento dei paesaggi in tutte quelle zone, Sardegna in primis, in cui gli animali assumono la parte foraggera direttamente attraverso il pascolamento, fungendo da custodi e ripulendo dalla biomassa aree che altrimenti sarebbero abbandonate e proteggendo gli insediamenti rurali e urbani dal rischio degli incendi, più frequente nelle zone in cui il sottobosco non è curato.

Proprio in queste zone “svantaggiate”, presenti un po’ in tutta Italia, l’allevamento riveste anche una grande importanza culturale, in quanto tutta la società e, di conseguenza, il suo tessuto socio-economico sono basati su di esso. L’impatto che un abbandono dell’allevamento zootecnico avrebbe su queste comunità sarebbe disastroso, fornendo un ulteriore motivazione allo spopolamento dei piccoli borghi rurali con conseguente perdita di tante tradizioni che rappresentano oggi uno dei punti di forza più grandi del nostro Paese.

Detto questo, ora cercheremo di esaminare e dare una risposta, basata su dati scientifici, ai principali pregiudizi sulle attività zootecniche. Parlando di sostenibilità ambientale cercheremo di fare chiarezza tra l’impatto di un allevamento intensivo ed uno estensivo.

In generale, un allevamento intensivo produce un quantitativo totale di inquinanti per capo allevato maggiore rispetto ad uno estensivo, ma questo non basta a determinare quale dei due sistemi sia più impattante. Dobbiamo, infatti, ragionare in termini di emissioni prodotte per kg di alimento prodotto e, utilizzando questo criterio, gli allevamenti intensivi dimostrano un minor impatto ambientale.

Ma in che maniera gli allevamenti impattano sull’ambiente?

La principale fonte di inquinamento ambientale avviene con la produzione di GHG (Greenhouse Gases), specialmente di CH (metano) prodotto dalla fermentazione anaerobica che si svolge nei prestomaci dei ruminanti o dalle vasche di stoccaggio dei reflui. Possiamo far ricorso ad un’analisi LCA (Life-Cycle Assessment) per stimare l’impatto ambientale sotto forma di CO equivalente.

Oltre ad impattare attraverso la produzione dei vari gas, ogni allevamento zootecnico grava sull’ambiente per il consumo di acqua, il cui elevato utilizzo è speso, prevalentemente, per la coltivazione degli alimenti. Il problema principale, anche stavolta, è quello di utilizzare il metodo più corretto quando si effettuano stime di questo genere, stando attenti a tenere conto della frazione corretta di acqua.

Sappiamo che la WUE (Water Usage Effectiveness) è composta da 3 tipi diversi di acqua:

  • Green, corrispondente all’acqua piovana, non ruscellata, disponibile nel suolo;
  • Blue, corrispondente alle acque superficiali o di falda utilizzate per scopi agricoli, domestici o industriali;
  • Gray, la quota realmente consumata, corrispondente all’acqua utilizzata per la diluizione degli inquinanti prodotti.

Infatti, è scorretto considerare l’acqua piovana come consumata, in quanto rientra normalmente nel ciclo e può essere riutilizzata, cosi come la quota blu. Tenendo conto di queste premesse, e in accordo con il parere della comunità scientifica, è stato ricalcolato il consumo reale di acqua per la produzione di un kg di carne di manzo, passando dai famosi 15000 Lt/kg a meno di 500 Lt/kg. Dunque, ci teniamo a sottolineare che applicando questo calcolo al settore produttivo italiano i risultati ottenuti hanno confermato l’elevata sostenibilità che contraddistingue il nostro sistema produttivo.

Perché è importante mangiare la carne?

Dal punto di vista della salute, una dieta equilibrata risulta essere fondamentale per la prevenzione di numerose patologie. Nonostante questo presupposto sia messo in dubbio da fake news e da ideologie estremiste, non esistono evidenze scientifiche che correlino un opportuno consumo di carne all’insorgenza di malattie cardiovascolari o di cancro.

Infatti, nelle carni sono presenti molti dei nutrienti di cui il nostro corpo necessita per svolgere importanti funzioni biologiche: il ferro per la formazione della mioglobina, la vitamina B12 per la sintesi dei globuli rossi e per la funzione nervosa, ω3 e CLA (rispettivamente, omega-3 e Acido Linoleico Coniugato) per la prevenzione di malattie cardiovascolari e per il rafforzamento del sistema immunitario e, specialmente, proteine facilmente digeribili e complete sotto il profilo aminoacidico.

Risulterebbe conveniente, quindi, sostituire la carne come fonte di aminoacidi essenziali? Assolutamente no! Basti pensare che, per apportare il giusto quantitativo di aminoacidi essenziali, necessari per la sintesi proteica, sono sufficienti 70 g di carne bianca (circa 77 calorie); mentre, se dovessimo optare per una dieta esclusivamente vegetale, la stessa quantità di aminoacidi sarebbe disponibile in due porzioni di pasta e fagioli (circa 700 calorie). Pare chiaro che, limitare o, nei casi più estremi, eliminare la carne dalla dieta comporti molteplici rischi per la salute umana in tutte le fasi della vita.

Che ruolo svolgere la carne nelle diverse fasi della vita?

Sottoporre i bambini, sin dalla vita fetale, a carenze nutritive derivanti da diete squilibrate – come il caso di diete vegane fai da te – può compromettere il corretto sviluppo cerebrale, ma anche di ossa, denti e muscoli. Risulta, quindi, essenziale la presenza di giusti quantitativi settimanali delle diverse tipologie di carni nell’alimentazione dei bambini.

Gli sportivi, ad esempio, possono incentivare l’aumento della propria massa magra attraverso l’assunzione di snack glucidico-proteici, prima e dopo l’allenamento, e seguendo una dieta bilanciata che tiene conto dell’età, del sesso, della frequenza e dell’intensità dell’allenamento, ma anche dell’apporto e delle riserve di carboidrati. Inoltre, non è necessario fare uso di integratori proteici, in quanto è stato dimostrato che, per integrare 5g di amminoacidi ramificati, può essere sufficiente l’assunzione di un panino con 60g di bresaola.

Inoltre la carne rappresenta un’alimento fondamentale anche in età avanzata: si è dimostrato infatti un ottimo alleato nella prevenzione della sarcopenia, in associazione ad uno stile di vita sano, ad esempio svolgendo attività fisica sin dall’età giovanile.

La carne è un alimento sicuro?

Per quanto riguarda la produzione di carne, sono state normate una serie di misure – a partire dal Libro Bianco sulla sicurezza alimentare del gennaio 2000 – da applicare nelle diverse fasi della filiera produttiva, atte a garantire la sicurezza in termini sanitari del prodotto carne ed il benessere animale, specialmente nelle fasi di trasporto, di stabulazione pre-macellazione e di stordimento.

Questi pochi spunti, su cui abbiamo deciso di concentrare le nostre riflessioni, ci hanno permesso di capire l’importanza che la carne riveste come alimento e quanto le nostre scelte alimentari possano impattare negativamente sulla salute.

Tuttavia, queste informazioni risultano spesso oscurate o comunque arrivano al consumatore In modo poco chiaro e fuorviante. Per questo, oggi, nell’era dei social network, dobbiamo fare della comunicazione un prezioso alleato!

Il ruolo svolto da Carni Sostenibili dovrebbe essere sostenuto da altre associazioni, con l’obiettivo di rendere il consumatore sempre più informato e dargli i mezzi per effettuare scelte consapevoli.

Sulle piattaforme virtuali le informazioni non sono soggette a controlli, le opinioni vengono facilmente manipolate da titoli fuorvianti e servite a un pubblico di lettori la cui attenzione media è bassa (secondo alcuni studi circa 8 secondi), quindi occorre imparare a condividere in modo semplice, chiaro e diretto, senza lasciare spazio a fraintendimenti, ma soprattutto sulla base di conoscenze scientifiche. A tal proposito, il settore primario, da anni soggetto all’attacco di fake news, deve iniziare a contrattaccare con evidenze scientifiche, rendendole di facile lettura.

Un esempio che può essere fatto, in questo difficile periodo, riguarda il lockdown delle città italiane dovuto alla diffusione del Coronavirus. Nell’aria metropolitana di Milano, le emissioni di particolato (PM10) hanno subìto un drastico calo, a dimostrazione del fatto che i veri responsabili delle emissioni di inquinanti, capaci di degradare la qualità dell’aria, sono da ricercare altrove e non nel settore zootecnico.

Ricordiamo che la filiera zootecnica lombarda, tra le più intensive in Europa, non solo sta continuando a produrre, ma continua ad offrire i beni essenziali in questa situazione d’emergenza. Tuttavia, L’ARPA Lombardia mostra dei valori di qualità dell’aria ancora allarmanti; questo è dovuto ad una elevata concentrazione di PM2,5 nell’aria, derivante prevalentemente dall’utilizzo dei combustibili fossili per il riscaldamento.

Tenuto conto di queste informazioni, vorremmo rimarcare il ruolo marginale dell’allevamento, rispetto ad altri settori, in termini di emissioni. L’allevamento non è responsabile delle emissioni di NO (diossido di azoto), gas altamente irritante per le mucose e promotore di patologie a carico dell’apparato respiratorio, molto spesso confuso con l’NO (ossido di diazoto), realmente prodotto negli allevamenti e anch’esso classificato come gas serra, le quali emissioni sono comunque limitate.

All’allevamento sono, invece, imputabili le emissioni di ammoniaca e il possibile inquinamento delle falde, dovuto allo spandimento delle deiezioni animali, ma ancora una volta occorre ricordare che vi sono delle normative molto stringenti che mirano alla riduzione di queste emissioni e che le nuove tecniche, introdotte dalle aziende costruttrici di macchine agricole, hanno già consentito, in alcune realtà, importanti abbattimenti delle emissioni.

Le azioni che possono essere messe in atto per contrastare l’inquinamento sono molteplici, ma prima di tutto bisogna individuare il vero responsabile. Questo risulta ancora più importante in questi giorni, poiché alcune ricerche stanno mostrando una probabile correlazione tra concentrazione di PM10 e diffusione del virus, il quale sarebbe veicolato proprio dal particolato.

Il settore zootecnico è da sempre promotore di buone pratiche di allevamento che mirano ad ottimizzare le produzioni, migliorando la gestione degli input e limitando gli scarti, rivolgendosi alla ricerca ed alle nuove tecnologie. Per tutti questi motivi possiamo concludere che la sostenibilità sotto vari aspetti è una caratteristica peculiare del settore primario delle produzioni zootecniche.

Migliore Report del 1° Master Carni Sostenibili
A. Pisanu, R. Cresci, S. Carta, A. Cualbu
Studenti Università di Sassari

 

Tutti i video delle lezioni del Corso Carni Sostenibili sono reperibili sul nostro canale Youtube:

 

Giorno 1 – La sostenibilità delle filiere produttive

 

Giorno 2 – Carne e salute

 

Giorno 3 – Salute, etica e comunicazione

 

Il Progetto “Carni Sostenibili” vuole individuare gli argomenti chiave, lo stato delle conoscenze e le più recenti tendenze e orientamenti tecnico scientifici, con l’intento di mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente.