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Clima: abolire la carne? Forse meglio partire da SUV e condizionatori

La speranza è che prima o poi il buon senso ci salverà. Eliminare la carne dalla dieta alimentare non equivale a essere più sostenibili, perché l’impatto ambientale dei nostri stili di vita e dei consumi va visto nel complesso, puntare il dito solo su un singolo aspetto non è efficace.

Lo spunto di riflessione arriva da una recente pubblicazione del Corriere della Sera: SUV da record: di vendite e di inquinamento, in cui emergono spaventosi trend di acquisto di queste auto, grandi, grosse e impattanti. Gli Sport Utility Vehicle (SUV) erano 35 milioni nel 2010, mentre oggi sono a quota 200 milioni e rappresentano il 40% delle vendite annuali di veicoli sul pianeta.

Un dato forse positivo per l’industria automobilistica, ma negativo per l’ambiente. Un’automobile di questo tipo consuma un quarto di energia in più dei veicoli medio-piccoli e, se persisterà l’attuale ritmo di vendite, nel 2040 serviranno 2 milioni di barili di petrolio in più ogni giorno per farle circolare, cioè l’equivalente dei risparmi di combustibile (ed emissioni) ottenuti con 150 milioni di auto elettriche.

Nell’ultimo decennio i #SUV sono stati il secondo maggior responsabile dell’aumento dei #GasSerra. Condividi il Tweet

Ma non finisce qui. Nell’ultimo decennio i SUV sono stati il secondo maggior responsabile dell’aumento dei gas serra. Dal punto di vista della sostenibilità, quindi, anche se c’è chi dice che inquina meno un vegetariano col SUV di un onnivoro, per l’ambiente è decisamente meglio consumare i quantitativi di carne raccomandati dal modello della Dieta Mediterranea e rinunciare al possesso di un SUV. In effetti, mentre il settore dei trasporti, insieme a quello della produzione di energia, resta di gran lunga il maggior responsabile delle emissioni di gas serra (70-80% del totale), ricordiamo che quelle complessive del settore zootecnico sono stimate in circa 7 miliardi di tonnellate annue, circa il 14% delle emissioni dovute a tutte le attività umane (dati Gleam, progetto FAO).

L’ambiente ha poco spazio anche nel cuore dei fanatici dei condizionatori, che li tengono accesi quasi sempre e a temperature improbabili. Raffreddare l’aria richiede grandi quantità di energia: secondo Agenzia internazionale dell’energia, attualmente nel mondo tutti i condizionatori messi insieme assorbono 2mila terawattora all’anno, con una conseguente emissione di anidride carbonica pari al 12% di tutta quella immessa in atmosfera annualmente.

La richiesta non è quella di patire il caldo per essere più green, ma di usare il condizionatore con moderazione, ricordando che la differenza massima tra la temperatura esterna e quella interna non deve superare i 7°C: impostarlo sui 20°C (o addirittura 18) come fanno in molti non è sostenibile.

Credere di essere sostenibili perché si scelgono #tofu, #seitan e #quinoa al posto della #carne mentre si guidano #SUV da due tonnellate con il #condizionatore al massimo può essere fuorviante. Condividi il Tweet

“Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune”, scriveva Alessandro Manzoni ne I promessi sposi. Una frase che oggi sembra più che mai attuale. Del resto, credere di essere sostenibili perché si scelgono tofu, seitan e quinoa al posto della carne mentre si guidano auto da oltre due tonnellate con il condizionatore al massimo, quando si tratta di fare scelte green può essere un tantino fuorviante.

Giornalista ed eco blogger, da sempre si occupa di temi legati alla sostenibilità ambientale e al food. Scrive per testate giornalistiche sia cartacee sia online e per blog aziendali. È laureata in Sociologia, con indirizzo Territorio e ambiente, all'università La Sapienza di Roma.