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Il prosciutto della salute

È vero che nel prosciutto è contenuto troppo sale? No, anche grazie all’impegno di tutta la sua filiera produttiva. Oggi questo salume contiene in percentuale meno sale di una pizza, o di una salsa di soia.

Una dieta eccessivamente ricca in sale, il comune cloruro di sodio, fa male. Un dato sul quale tutta la medicina è concorde, ricordando in particolare le conseguenze sul sistema cardiocircolatorio, con un innalzamento della pressione arteriosa e l’aumento di rischi coronarici.

Come se non bastasse, varie ricerche, fra cui quella di G. James e altri, già venti anni fa hanno messo in luce le conseguenze negative sull’apparato digerente, con iperplasia epiteliale e perdita di cellule parietali, tutti eventi che favoriscono la comparsa di gastriti sostenute da un batterio, l’Helicobacter pylori, “famoso” fra chi soffre di questi disturbi.

Dunque è opportuno tenere sotto controllo la quantità di sale che si assume ogni giorno, ricordandoci che nel piatto non arriva solo ciò che proviene dalla nostra saliera per insaporire insalate e vari alimenti. Il sale è infatti presente in modo naturale in molti alimenti che compaiono sulle nostre tavole, a volte utilizzato per conservare gli stessi cibi.

Il #ProsciuttoCrudo è uno straordinario concentrato di #sapori e di #cultura gastronomica ed espressione inconfondibile del #territorio che lo produce. Condividi il Tweet

Accade per pesci e carne, come pure per alcune tipologie di formaggi. Fra i prodotti a base di carne la cui conservazione è affidata al sale, uno dei più noti è il prosciutto crudo, straordinario concentrato di sapori e di cultura gastronomica ed espressione inconfondibile del territorio che lo produce. Quanto sia variegato il quadro delle eccellenze italiane lo dimostrano gli undici prosciutti che possono fregiarsi di un marchio di origine, cui si aggiungono produzioni locali che sono scrigni di aromi e sapori ineguagliabili. Il tutto per una produzione complessiva di prosciutti che gli ultimi dati rilevati da Assica (l’associazione delle aziende di trasformazione) indicano in circa 289mila tonnellate, per un consumo reale procapite di 2,3 chilogrammi per anno, poco più di 6 grammi al giorno.

La buona accoglienza che il prosciutto incontra sulle tavole di tanti consumatori è certo legato alla sua sapidità, pur se non tutti sono al corrente che durante le fasi di stagionatura si formano composti peptidici con benefiche attività antiossidanti, come dimostrato dal alcuni studi promossi da Ager, fondazione impegnata per sostenere la ricerca in campo agroalimentare. Le sperimentazioni hanno anche evidenziato la presenza di sostanze ad azione anti-ipertensiva il cui livello può essere accentuato intervenendo sui diversi parametri del processo di salagione e stagionatura.

Altro capitolo delle ricerche è rivolto alla possibilità di ridurre la quantità di sale presente nei prosciutti. È questo l’obiettivo del piano “salagione e qualità del prosciutto stagionato” attuato con le risorse del Programma di Sviluppo Rurale (PSR) messe in campo dall’Emilia Romagna (Focus area 3A). Si è partiti dalla materia prima, la coscia del suino, e dalle sue caratteristiche, come percentuale di carne magra, composizione chimica, grasso inter e intramuscolare, per valutarne l’influenza sull’assorbimento del sale. Altri elementi da prendere in esame sono la stagionalità, le manualità (quantità di sale e sue caratteristiche) e infine le condizioni ambientali, dalla temperatura all’umidità.

Duplice l’obiettivo del progetto, al quale collabora il Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA) di Reggio Emilia: fornire indicazioni agli allevatori sulle condizioni di allevamento da seguire e al contempo messa punto di un protocollo di salagione da suggerire al prosciuttificio, funzionale ai suoi parametri tecnologici e ambientali. Si parte così dalla raccolta dei dati di allevamento, per passare alla valutazione delle cosce che entrano in salagione, suddividendole fra circuito tutelato DOP (prosciutti a Denominazione d’Origine Protetta) o generico.

La percentuale di #sale nei #prosciutti si aggira intorno al 3%: quanto una sottiletta e meno di una salsa di #soia o di una #pizza. Condividi il Tweet

Un lavoro impegnativo, indispensabile per verificare l’assorbimento del sale nelle varie fasi, valutarne le correlazioni in funzione delle caratteristiche delle cosce e infine mettere in relazione questi fattori con le proprietà sensoriali del prodotto finale. Il risultato atteso, oltre a fornire utili indicazioni operative ai vari anelli della filiera, dagli allevatori agli stagionatori, è quello di ottenere il migliore equilibrio fra quantità di sale e caratteristiche organolettiche del prosciutto, con un occhio attento agli aspetti salutistici legati al consumo di sale.

In attesa che anche queste ricerche giungano alla conclusione, possiamo portare in tavola il prosciutto con tranquillità. Non sarà certo colpa sua se supereremo la quota di cinque grammi al giorno di sale suggerita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). La percentuale di sale contenuta nei prosciutti si aggira intorno al 3%: quanto ne contiene una sottiletta di formaggio e meno di una salsa di soia o di una pizza. Senza contare che il prosciutto, a differenza di altri cibi, contiene sostanze ad azione ipotensiva, che contrastano i potenziali effetti negativi del sale. In ogni caso il segreto, ancora una volta, sta nel non esagerare, regola da rispettare per qualunque cibo.

 

Giornalista professionista, laureato in medicina veterinaria, già direttore responsabile di riviste dedicate alla zootecnia e redattore capo di periodici del settore agricolo, ha ricoperto incarichi di coordinamento in imprese editoriali. Autore di libri sull'allevamento degli animali, è impegnato nella divulgazione di temi tecnici, politici ed economici di interesse per il settore zootecnico.